Federvini fa il punto su un 2025 all’insegna dei dazi Usa e di altre e numerose tensioni globali e mette sotto la lente l’enologia, i liquori e spiriti e gli aceti.
L’analisi, svolta, per l’Osservatorio della Federazione da Nomisma e Tradelab, riguardante il periodo gennaio-settembre, dimostra che i tre settori hanno rivelato una notevole capacità di resistenza, nonostante la rimodulazione dei consumi interni e i nuovi equilibri del mercato internazionale.
Comunque, dopo l’anticipo degli ordini a inizio anno, dovuto alla forte campagna acquisti preventiva degli importatori, l’effetto dazi ha penalizzato i flussi di vini & Co. verso gli States, mercato che ora dimostra una fase di assestamento.
Un fatto logico e interessante è che, in ogni modo, le imprese italiane, pur continuando a presidiare i mercati strategici, abbiano bilanciato le fisiologiche flessioni, con la crescita in nuovi segmenti, con la scoperta di nuovi orizzonti geografici e con la valorizzazione dei prodotti.
Passiamo alle cifre. Le dinamiche internazionali, individuate dalle analisi Nomisma, riflettono un momento di riequilibrio dei flussi.
Il mercato statunitense, in un anno in cui è stato al centro delle tensioni commerciali mondiali, registra una fisiologica contrazione – con il vino a -4,8% a valore e gli spiriti a -5 – da interpretare, più che altro, come il naturale riassorbimento dell'eccezionale picco di ordini verificatosi nel primo trimestre per prevenire i dazi: in questo intervallo l'import di liquori dall'Italia aveva toccato, addirittura, punte del +126 per cento.
Le scorte hanno dunque investito le aziende molto di più delle nuove tariffe del +15 per cento.
Il calo attuale è, in buona sostanza, un effetto rimbalzo e, al netto di questa volatilità, il made in Italy mostra una competitività superiore agli altri grandi esportatori: il calo complessivo del nostro export vinicolo negli Usa (-2% a valore) è più contenuto, per esempio, rispetto a quello incassato dal Cile (-6,7%) e dalla Francia (-2,4%).
Emergono, inoltre, continua l’Osservatorio, segnali di vitalità da mercati alternativi: la Germania incrementa l'import di vino italiano dell’8,8%, il Brasile dell’8,7%, mentre il comparto degli aceti, pur registrando una flessione globale del 2,7%, si rilancia con tassi di crescita sostenuti in Corea del Sud (+33,9%), Cina (+29,9%) e Canada (+20,1%).
Spiriti, liquori e grappa: nel complesso calano le esportazioni italiane nei primi nove mesi del 2025, anche se cresce, molto o moltissimo, la performance in Giappone (+28,9%), Canada (+9,8%) e soprattutto Cina, con un balzo del 94,1 per cento.
Sul fronte domestico, i dati della Gdo evidenziano cambiamenti nelle scelte degli italiani. Il comparto dei vini conferma la propria stabilità a valore (+0,9%), sostenuto in particolare dalla vivacità delle bollicine e degli spumanti, che crescono del 6% a volume, continuando a conquistare spazio nel carrello.
Dinamico appare lo scaffale degli spiriti, che chiude i primi nove mesi con il segno più sia a valore (+0,3%), sia a volume (+0,7%).
A sostenere questa tendenza è un interesse crescente verso le categorie degli aperitivi alcolici (+4,3% a valore) e dei distillati e acquaviti (+1%).
Anche gli aceti si confermano un prodotto irrinunciabile, con una crescita costante del 3% a valore, trainata dal Balsamico di Modena Igp (+2,4%) e dall'aceto di mele (+5,5%).

In tutti i canali le bollicine non hanno perso il loro brio
Anche per quanto riguarda il canale Horeca, l'analisi di TradeLab evidenzia una rimodulazione delle abitudini, piuttosto che una rinuncia.
A fronte di una lieve contrazione delle visite totali negli esercizi ristorativi ed enoteche (-1,4%), il trend resta positivo a valore (+1,3%) sostenuto, però, dalla componente inflattiva.
Si osserva una maggiore selettività da parte degli italiani, che tendono a concentrare le uscite nei momenti di maggior valore relazionale ed esperienziale.
Se le occasioni di consumo più funzionali, pause pranzo e simili, registrano una pausa di riflessione – abbastanza storica e iniziata con il Covid -, emergono segnali interessanti per le fasce orarie dedicate all'intrattenimento, come il dopocena, che mostra una buona tenuta con un incremento delle visite del 2,1% nel terzo trimestre.
In questo contesto, le consumazioni di vini e cocktail riflettono un approccio più misurato, ma attento – registrando, rispettivamente, un -7 e un -5% –, dove la ricerca della qualità prevale sulla quantità, delineando un nuovo equilibrio per i consumi fuori casa nel prossimo futuro.
Le bollicine mostrano, anche qui, una capacità di resistenza superiore alla media (-3%), beneficiando di un recupero estivo che testimonia la voglia di gratificazione dei nostri connazionali.
Tira le somme Giacomo Ponti, presidente di Federvini: «I dati dell’Osservatorio ci consegnano una lettura chiara: siamo di fronte a una ridefinizione della geografia dei consumi, sia fisica (luoghi di acquisto, ndr), sia comportamentale
«La flessione negli Stati Uniti era attesa e va letta come parte di una dinamica commerciale più ampia e non nei termini di un arretramento strutturale.
«La vera notizia – prosegue Ponti - è la trasformazione della domanda: assistiamo al passaggio da un consumo di abitudine a un consumo di scelta, dove la variabile determinante non è più la frequenza, ma la qualità dell'esperienza. Le nostre imprese stanno interpretando questo nuovo paradigma e investendo nelle componenti valoriali e di identità, asset capaci di superare le barriere tariffarie e le incertezze congiunturali».
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