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Vino: le esportazioni verso gli Stati Uniti crollano del 28 per cento

Vino: le esportazioni verso gli Stati Uniti crollano del 28 per cento

Vino: le esportazioni verso gli Stati Uniti crollano del 28 per cento

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Luca Salomone

Se la preoccupazione è brutta, vederla confermata è anche peggio. Così, per quanto prevedibile, il crollo del nostro vino negli Usa lascia abbastanza attoniti.

E questo anche perché le aziende tricolori hanno provato ad attutire l’impatto abbassando considerevolmente i prezzi.

Completo stallo in luglio e agosto

Secondo Unione italiana vini, che ha diffuso i nuovi dati giovedì 16 ottobre, le vendite verso gli Stati Uniti hanno dimostrato un completo stallo in luglio e agosto.

Visto che l’ottavo mese è stato il primo di applicazione dell’aliquota del 15% le nostre esportazioni verso gli States, il secondo mercato estero dopo la Germania, sono collassate, nel bimestre, del 28% in valore.

Gli “sconti” anti-dazi dei produttori italiani si sono concretizzati, invece, in un abbattimento medio dei listini del 17 per cento circa.

I dati emergono dal monitoraggio dei primi 8 mesi del 2025, un anno in cui si è passati a un progressivo deterioramento in coincidenza con l’avvento delle nuove tariffe. Il tendenziale a valore è slittato dal +12,5% del primo trimestre 2025 al -3% dei primi 8 mesi. Uno sbalzo dovuto anche alle scorte preventive degli importatori americani.

Nello specifico l’inversione di rotta ha evidenziato un primo grave crollo in luglio (-26% sul pari periodo 2024, secondo i dati Istat), seguito da un agosto che ha incassato, sempre in valore, un -30 per cento.

Settembre non promette bene

E le prospettive nel breve termine, spiega Uiv, non sono positive: le cifre provvisorie delle dogane, evidenziate dalla Dg Taxud (Direzione generale della fiscalità e dell’unione doganale della Commissione europea), prospettano, per settembre, un’ulteriore contrazione a doppia cifra.

Il danno è grosso perché, come detto, gli Usa sono fondamentali, anche se alcune imprese stanno cercando sbocchi geografici alternativi.

Nel 2024, quando l’export vinicolo totale ha battuto ogni record (22 milioni di ettolitri e 8 miliardi di fatturato secondo Ismea), gli States hanno comprato, più di 3,6 milioni di ettolitri di vino, in crescita del 7 per cento, con un valore di oltre 1,9 miliardi di euro (+10,2 per cento).

Non è più tempo di scorte

«Come previsto – ha detto il presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi – i dazi, ma anche la debolezza del dollaro hanno inciso sull’andamento del mercato del vino. La situazione che vedeva i consumi statunitensi in calo e, allo stesso tempo, un aumento degli ordini per scorte non poteva mantenersi a lungo, e i dati del bimestre estivo lo confermano».

«Le imprese – continua Frescobaldi - sono ora chiamate a guardare al medio-lungo periodo: da un lato sarà importante cogliere l’occasione per migliorare ulteriormente efficienza e managerialità. Dall’altro occorre rafforzare la presenza sui mercati esteri, a partire dagli Stati Uniti, nella fase di stabilizzazione», cioè quando il sovrapprezzo sarà metabolizzato.

Per l’Osservatorio di Unione italiana vini, il saldo export (base dogane) verso i Paesi extra-Ue nei primi 8 mesi indica un tendenziale con cali superiori al 3% in valore e al 4% in volume, per effetto di contrazioni (a valore) in Cina (-27%), Russia (-26%) ma anche in Giappone (-5%), Svizzera e Regno Unito (-3%). Tra i buyer principali, prosegue la rincorsa del Canada (+10,5%).

Non vanno meglio le cose in Francia, che, notoriamente è, insieme all’Italia, la patria dell’enologia mondiale. Per i produttori dell’Esagono gli States, con un valore importato di 3,8 miliardi di euro (compresi i liquori), la perdita è, al momento, stimata in un miliardo di euro.

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