Nomisma: la carne resta forte

Nomisma: la carne resta forte
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La carne è sempre un punto fermo per gli italiani. E ciò a dispetto di uno scenario di mercato segnato da forti incertezze e della crescita di stili alimentari vegetariani o vegani. E, aggiungiamo, nonostante la comparsa di nuove malattie animali, di cui la più recente è arrivata in Italia nell’ultima decade di giugno.
Parliamo della Dermartite nodulare contagiosa bovina, trasmessa al bestiame dagli insetti emofagi. I primi due casi, come è noto, si sono registrati in Sardegna, mentre ora il virus ha un riscontro anche in Lombardia.
Il valore agricolo e industriale
A dimostrare che la carne resta forte è Nomisma, in uno studio svolto per conto di Uniceb, l’Unione Italiana della filiera della carne, con 130 imprese aderenti.
La ricerca è stata presentata a Roma da Denis Pantini, responsabile agroalimentare della stessa Nomisma, giovedì 3 luglio, in occasione della 56ema assemblea dell’associazione.
Dal punto di vista ‘macro’, il sistema carne si conferma ai vertici della nostra economia agroalimentare, sia per valore della produzione agricola attivata, con 12,8 miliardi di euro (19% del totale), sia per fatturato dell’industria di trasformazione (28,5 miliardi di euro), costituendo, al tempo stesso, il secondo comparto della nostra industria food per numero di addetti, con più di 63mila occupati (15% del totale).
Cinque miliardi di export
Mentre gli acquisti si spostano da una tipologia all’altra (meno carni rosse a vantaggio di quelle bianche), risulta in costante crescita il nostro export di settore, derivati compresi, che nel 2024 è arrivato a sfiorare i 5 miliardi di euro, con i Paesi della Comunità Europea come primo mercato di destinazione (oltre il 70% del totale).
Lo studio, oltre a fotografare i caratteri socioeconomici e le performances della filiera, ha indagato i cambiamenti intervenuti nei comportamenti della domanda, attraverso un sondaggio condotto sui consumatori del nostro Paese.
In un mercato nazionale dove l’8% della popolazione dichiara di non consumare carne, principalmente per motivi etici e salutistici, gli acquisti domestici si stanno, appunto, spostando fra le diverse tipologie, con una crescita dei prodotti avicoli, a fronte di una lieve flessione degli alimenti bovini e suini.
Tra coloro che comprano più o meno regolarmente carne e derivati, in primis presso iper/supermercati e macellerie, la provenienza al 100% italiana, la sostenibilità (animali allevati all’aperto e senza uso di antibiotici) e il prezzo rappresentano i principali driver.
La sostenibilità come asset
A proposito di sostenibilità, dall’indagine condotta da Nomisma questo elemento risulta avere un ruolo centrale, o comunque importante, nei comportamenti e nelle scelte dell’85 dei nostri connazionali.
Nello specifico sono considerati prioritari i seguenti fattori: la riduzione di antibiotici, l’assenza di Ogm, il bando di additivi e conservanti, il benessere animale e l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, nonché dei consumi idrici ed energetici.
«Indubbiamente la sostenibilità della filiera e la corretta comunicazione al consumatore, possono rappresentare un incentivo ai consumi – ha spiegato Pantini -. Per questo, negli ultimi anni, il comparto italiano delle carni ha ridotto l’impatto ambientale, investendo in tecnologie sostenibili, energie rinnovabili e una gestione più efficiente delle risorse. Al tempo stesso, sono stati migliorati gli standard di benessere animale e si stanno adottando strategie per diminuire le emissioni di gas serra, rendendo la produzione più responsabile».
Un pollo rampante
Tornando allo spostamento dei consumi fra diversi segmenti va detto che, secondo Ismea, nell’ultimo biennio è proseguito il successo degli avicoli.
La produzione europea è tornata ad aumentare sia nel 2023 (3%) sia nel 2024 (+5%), arrivando a 13 milioni di tonnellate, dopo il ripiegamento del 2021-2022. E in un arco cronologico più ampio, 10 anni, si è riscontrata un’impennata produttiva del 22%, specie grazie al contributo dei Paesi dell'Est.
Il prezzo medio annuo del pollo, nel 2024 si è ridotto del 10,5% rispetto a quello del 2023, stimolando così gli acquisti.
Sul mercato interno l’avicolo ha toccato una quota pari al 44% degli acquisti di carne. In particolare, le vendite retail sono aumentate del 4,6% rispetto al 2023 e hanno continuato la crescita nei primi mesi del 2025, mettendo a segno un ulteriore +5,7% nel primo trimestre.
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