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Alimentare bene, senza esagerare

Alimentare bene, senza esagerare

Alimentare bene, senza esagerare

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Luca Salomone

Il food è solido, esprimendo un +5,9% nel 2024, con proiezioni positive anche per il 2025 (+4,6%) e il 2026 (+4,4%), trainate da consumi interni e investimenti industriali. Però le variazioni prospettiche indicano un lieve cedimento delle performance.

In altre parole... alimentare bene, senza esagerare. Lo dice l’undicesima edizione di Food industry monitor, progetto di ricerca svolto da Ceresio Investors e dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

L’incognita dei salari

Il dato sul giro d’affari di settore testimonia un andamento che decisamente supera quello dell’economia italiana, contrassegnata da un Pil fermo, sullo 0,7 per cento.

Il food mostra anche, nel 2024, buoni livelli di redditività commerciale con un Ros che si attesta al 5,7%, un Roic (ritorno sul capitale investito) al 6,9%, valori che tuttavia esprimono un leggero calo sugli anni precedenti.

La solidità finanziaria permane elevata, con un indice di indebitamento pari a 1,19 (mezzi di terzi su mezzi propri).

Per il 2025, il settore dovrebbe confermare, con un +4,6%, come detto, il trend positivo, seppure con tassi leggermente inferiori rispetto all’anno precedente.

Per il 2026, poi, si prevede una crescita dei ricavi del 4,4 per cento.

Il mercato interno dovrebbe tenere, grazie alla positiva dinamica dell’occupazione, stimolando i consumi. L’incremento salariale resta, in ogni caso, una variabile decisiva per un vero cambio di passo della domanda.

L’evoluzione degli investimenti industriali conferma che il sistema – e prima di tutto l’alimentare - sta reagendo alla sfida della produttività.

A livello di singoli mercati, Fim prevede, per l’anno in corso, significativi rialzi nella richiesta di farine (+9,9%), caffè (+6,9%), olio (+6,3%) e surgelati (+5,6%).

Bisogna aggiungere, utilizzando altre fonti, che il pronostico è rafforzato dalle prospettive di stabilità dei prezzi delle maggiori materie prime alimentari, dovute a produzioni elevate, a parte quelle dei cereali, che sembrano abbastanza statici.

Previsioni oltre confine

L’export (in valore a prezzi correnti) del settore food registrerà una crescita del 7,3% nel 2025, leggermente inferiore a paragone del +8,2% del 2024. Le previsioni restano buone anche per il 2026, con un incremento stimato di 7 punti.

Le vendite estere dei 15 maggiori comparti, mappati da Food Industry Monitor, hanno raggiunto i 47 miliardi di euro, di cui circa il 13% destinato agli Stati Uniti. Il vino, da solo, genera esportazioni per oltre 8 miliardi di euro, con circa il 30% del totale diretto negli Usa.

L’export (vino compreso) è aumentato del 5,5% nel 2024, in netta ripresa rispetto al -1,6% del 2023. Tuttavia, è evidente che le politiche di import dell'amministrazione Trump potrebbero generare distorsioni sullo scacchiere americano.

Un affare di famiglia

Per l’undicesima edizione della ricerca è stato anche realizzato un focus sugli assetti istituzionali e sui modelli di governance adottati dalle imprese.

L’alimentare rimane caratterizzato, in modo particolarmente netto, dalla presenza di imprese familiari, le quali rappresentano il 67% del campione analizzato (870 aziende).

I rilievi si sono spinti fino alle singole categorie merceologiche. Così la presenza maggiore del capitale dei fondatori si riscontra, nell’ordine, nelle farine (95%), distillati (83%), olio (82%) e caffè (81%).

Persino dove operano, su larga scala, le multinazionali - surgelati, birra e vino -, le aziende familiari rimangono prevalenti, seppure con un’incidenza di poco superiore al 50 per cento.

La governance delle imprese varia in base alla natura proprietaria: quando le società hanno carattere familiare, il 75,8% di esse è gestito dal Cda, mentre il 24,2% è guidato da un amministratore unico.

Nelle aziende non familiari la struttura è più formalizzata, con una netta prevalenza del Consiglio di amministrazione (93,6%) e una marginale presenza di un vertice individuale (6,4%).

Il settore food evidenzia, poi, una marcata longevità delle imprese, con un 53,3% delle aziende familiari guidata da esponenti della terza generazione, mentre un ulteriore 36,8% ha superato la terza e solo il 9,9% è condotto da esponenti di prima o seconda generazione. Quest’ultimo caso concerne soprattutto le categorie della farina, della pasta, dei distillati e dei dolci.

Molto più lunga, invece, la storia delle aziende che producono birra, olio, e acqua.

Infine, dal punto di vista delle performance economiche, le aziende familiari si distinguono per risultati mediamente superiori alle non familiari, con indici di Roi e Roe molto più elevati.

Nota metodologica:

Food Industry Monitor analizza le performance di un campione di oltre 860 aziende, con un fatturato aggregato di circa 87 miliardi di euro, attive in 15 comparti food. L’osservatorio analizza gli andamenti storici dell’alimentare dal 2009 al 2024, focalizzandosi sulle seguenti dimensioni: crescita, export, redditività, produttività e struttura finanziaria. Per ogni comparto vengono elaborate previsioni biennali (2025-2026) sull’incremento del fatturato e dell’export e sull’andamento della redditività.

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