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Confcommercio: la tecnologia e il tempo libero trent’anni dopo

Confcommercio: la tecnologia e il tempo libero trent’anni dopo

Confcommercio: la tecnologia e il tempo libero trent’anni dopo

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Luca Salomone

Nel 2025 la spesa pro capite ha toccato i 22.114 euro (era di 19.322 euro nel 1995), con un aumento di 239 euro rispetto al 2024, ma ancora inferiore, di 220 euro, rispetto 2007.

Allora il picco era di ben 22.334 euro. È quanto emerge da un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui consumi - di beni e servizi - da parte delle famiglie italiane negli ultimi 30 anni.

A trainare le nuove abitudini sono soprattutto la tecnologia e l’intrattenimento.

Un incremento di tremila punti

In tre decenni, infatti, l’esborso individuale annuo per informatica e telefonia ha registrato una crescita vertiginosa, quasi +3mila per cento, fino a 248 euro.

In parallelo, anche i consumi legati alla fruizione del tempo libero – in particolare i servizi culturali e ricreativi – hanno mostrato un progresso significativo, con un aumento reale di oltre 120 punti.

A parte questo poche altre voci mostrano segnali di espansione strutturale.

Le spese per viaggi e vacanze (+18%) e ristorazione (+25,7) – sebbene in ripresa – non hanno ancora recuperato completamente le perdite post-pandemiche.

Al contrario, il contenimento della domanda di beni tradizionali continua a consolidarsi anche nel 2025, segno di una prudenza che riflette, come vedremo, sia scelte culturali che incertezze percepite.

Calano, invece, le categorie più consolidate: alimentari e bevande, che segnano una flessione del 5,1% rispetto al 1995.

L’abbigliamento perde lo 0,5% e i mobili ed elettrodomestici restano praticamente stabili (+0,8%).

In contrazione anche il consumo reale di energia domestica (-35,1%), dovuto principalmente alla sempre maggiore attenzione al risparmio e all’efficienza, sebbene il prezzo unitario sia cresciuto in modo notevole.

Redditi alti, ma sottostimati

La principale buona notizia, secondo Confcommercio, è che il reddito disponibile reale delle famiglie ha superato, in aggregato, i livelli ante pandemici.

“Si insiste sul fatto che le retribuzioni per occupato non abbiano ancora pienamente recuperato la fiammata inflazionistica del 2022-2023. Corretto: ma la perdita – si legge - è ormai marginale, grazie al pregresso operare della riduzione dell’Irpef e delle varie decontribuzioni.

“Se poi si evita di confondere il reddito da lavoro con il reddito complessivo - composto da quello da lavoro, da capitale e, soprattutto, da trasferimenti - il recupero del secondo è totale, come indicato dall’Istat (30 giugno 2025). Il livello del reddito delle famiglie in aggregato, e in termini di potere d’acquisto, è ai massimi dal 2013”.

Al vertice, riporta sempre la fonte, anche il livello di occupazione. La quota di contratti a tempo indeterminato è cresciuta di 3,5 punti percentuali tra il 2019 e il primo trimestre del 2025, quando ha toccato l’86,5 per cento.

Da dove derivano allora i rallentamenti dei consumi quotidiani?

Tutto sommato da un atteggiamento mentale. Se le famiglie sono consapevoli del proprio potenziale, le notizie negative, dovute, per esempio, alle tensioni geopolitiche o all’andamento dell’inflazione, comportano molta prudenza.

Inoltre, in sintonia con alcune analisi della Bce, gli italiani sottostimano largamente, rispetto agli altri popoli europei, la variazione positiva del proprio reddito reale.

“Ci percepiamo peggio di come siamo. E, quindi, spendiamo meno di quanto potremmo. In questo ambito si trova la relazione che lega incertezza congiunturale e cause strutturali. La bassa crescita endemica, che ci ha contraddistinto nell’ultimo quarto di secolo, costituisce una zavorra psicologica per le scelte correnti e prospettiche. Ma, nel complesso, l’ipotesi di consumi in crescita all’1% reale sembra, per quest’anno, un obiettivo raggiungibile”.

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