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Tonazzo esce dal business della carne

Tonazzo esce dal business della carne
Tonazzo operava nelle carni da 136 anni

Tonazzo esce dal business della carne

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Luca Salomone

Dopo 136 anni di presenza nel settore, Gruppo Tonazzo ha deciso di chiudere le sue attività nel mercato della carne, per concentrarsi sullo sviluppo del brand Kioene, leader italiano della gastronomia vegetale.

Secondo i fratelli Albino e Stefano Tonazzo «si tratta di una scelta etica ancor prima che di business».
La svolta, che indubbiamente farà discutere, partirà il 31 dicembre 2024.

Tonazzo, di Villanova di Camposampiero (Padova), nata nel 1888, ha introdotto Kioene, nel 1988 e, nel tempo, la nuova azienda, società per azioni con sede sempre a Villanova, è diventata sempre più importante, fino a rappresentare almeno il 60% del giro d’affari consolidato e per arrivare, secondo quanto riportava, in febbraio, il Corsera, intorno ai 52 milioni di euro nel 2023, con tassi di crescita annui sempre a doppia cifra.

Basti dire che, secondo il bilancio di sostenibilità della stessa Kioene, anche i ricavi 2022 erano rimarchevoli e in corsa e si attestavano a 46 milioni, con una variazione positiva del 15% e un utile di 1 milione e 700 mila euro.

“I collaboratori interessati – rassicura la società veneta - potranno continuare a lavorare per il gruppo, che da oggi concentrerà gli investimenti per sviluppare ancora di più Kioene. Negli stabilimenti di Villanova di Camposampiero, dunque, continueranno a essere ideati e realizzati prodotti a base vegetale, con un altissimo contenuto di verdure e legumi di qualità. Oggi la gamma Kioene si compone già di un centinaio referenze (suddivise in freschi, spalmabili e surgelati), che 2,3 milioni di famiglie italiane apprezzano”.

«La nostra famiglia – spiegano l’amministratore unico Stefano Tonazzo e Albino Tonazzo, a sua volta amministratore unico di Kioene - si occupa di carne da 5 generazioni ma, allo stesso tempo, quasi 40 anni fa, ha innescato un cambiamento inarrestabile, introducendo sul mercato prodotti alternativi a base di proteine vegetali. Si tratta di una scelta che abbiamo attentamente ponderato in famiglia e condiviso con i nostri collaboratori, una decisione con cui vogliamo dare il nostro contributo alla salvaguardia del pianeta e a un’alimentazione sempre più consapevole.

«Come attori e precursori di questo mercato sentiamo forte la responsabilità verso le future generazioni e vogliamo contribuire a difendere la terra dal progressivo deterioramento ambientale. Siamo consapevoli di dover aiutare le persone ad avere cura del loro benessere, partendo proprio dall’alimentazione. Vogliamo così dare il nostro apporto al cambiamento e a una presa di coscienza collettiva e siamo convinti che il mercato e i consumatori ci seguiranno, ancora una volta».

Da osservare che, secondo Ismea, la sola filiera della carne bovina, di cui l’Italia è il quarto produttore, alle spalle di Francia, Germania e Spagna vale, a dati 2023, oltre 10 miliardi di euro, di cui 3,8 dovuti alla fase agricola e zootecnica, mentre il fatturato della fase industriale è di 6,3 miliardi, di euro, e il consumo medio annuo pro capite ammonta a 16,1 chilogrammi.

Tuttavia è in atto una contrazione e, nei primi 3 di quest’anno, secondo l’Osservatorio sui consumi alimentari di Ismea e NielsenIQ, la spesa degli italiani, sempre per le carni rosse, ha perso il 2,9% in valore e il 5,3% in volume a fronte di prezzi medi tutto sommato non troppo in tensione (+2,5%).

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