Se il concetto di convenienza è comune a tutto il mondo, il concetto di discount è, specie nell’alimentare, un’invenzione tedesca: basti pensare ai due colossi Lidl e Aldi.
Dunque, esportare questo format in Germania non è certo semplice, nemmeno per una multinazionale come Pepco.
La filiale germanica del colosso polacco (circa 6,2 miliardi euro di fatturato consolidato nel 2024, ante cessione di Poundland) vede appesantirsi la propria situazione e, dopo avere ottenuto il concordato preventivo, ora si appresta quasi a dimezzare la rete.
E dire che nel piano di risanamento eventuali azioni drastiche non sembravano ancora trasparire. Verranno chiusi, invece, 28 negozi su un totale di 64, mentre 36 continueranno l’attività.
I punti vendita oggetto di dismissione, come afferma l’azienda, non hanno infatti concrete prospettive economiche. La cessazione sarà piuttosto rapida e avverrà entro la fine di gennaio 2026, dopo le consuete operazioni legate alla vendita.
I restanti insediamenti, secondo il gruppo, hanno, al contrario, una situazione promettente.
L'azienda prevede 165 licenziamenti - su un organico complessivo di 500 addetti - che toccheranno sia il personale dei negozi, sia la sede di Berlino.
La procedura di insolvenza, presentata alla Magistratura tedesca il 22 luglio ha, come si è detto, ragioni legate alla forte concorrenza locale nel canale del discount non food.
Basta dire che Tedi (3 miliardi di euro di fatturato globale), che ha il vantaggio di giocare in casa, ha raggiunto, sul suolo domestico, 2.000 punti vendita ai primi di luglio, con l’opening di Essen. E il programma di sviluppo, a medio-lungo termine ne prevede altri mille, mentre la rete europea (15 nazioni) dovrebbe salire fino a 10.000 insediamenti dai 3.500 attuali (circa 150 sono in Italia).
E la potentissima Action, leader mondiale del discount non food, con un giro d’affari di 13,8 miliardi, pur essendo straniera (di origine olandese), vanta qualcosa come 600 punti vendita in Germania.
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