Più vendite e prezzi più leggeri. Guadagnano ancora terreno in Italia i brand della pasta di fascia premium e il leader di mercato Barilla, soffre la marca del distributore.
Ma ora i grandi brand italiani sono sotto shock per i super-dazi (107%) americani annunciati dal Dipartimento del commercio e che scatteranno da gennaio. La Molisana ha smentito la notizia che progetta di costruire uno stabilimento negli Stati Uniti e ha annunciato un ricorso in sede giudiziaria. Mentre Rummo lo ha già presentato. Barilla medita una risposta, compresa una memoria difensiva.
Nei primi 8 mesi dell’anno, le vendite di pasta secca classica e integrale nella Gdo sono saliti, secondo Circana, dell’1,6% a volume mentre sono scivolati del 3,3% a valore, a 713 milioni di euro. Il prezzo medio è stato di 1,78 euro/kg (-4,8%), grazie a una pressione promozionale del 52%.
Il crollo delle quotazioni del grano e il taglio dei listini (di circa il 10%) di Barilla ha spinto i volumi di Blue box del 6,5% ma con un calo a valore del 4%.
La mossa del leader di mercato ha imposto una nuova scala dei prezzi a cui i follower si sono adeguati tagliando i prezzi. "Il leader è un driver importante nel mercato - commenta Emidio Mansi, direttore marketing della gragnanese Garofalo - e il suo investimento è stato probabilmente una scelta strategica".
In caduta libera invece la marca del distributore che, secondo fonti di mercato, ha tagliato i listini di poco più dell’1,5% e ha perso quasi l’8% dei volumi e il 9% del valore. Ne hanno approfittato i brand della fascia premium, in particolare Garofalo che, nelle vendite di pasta secca e integrale, ha messo a segno +6,6% a volume e +1,8% a valore. A ruota segue La Molisana con, rispettivamente, +5,5% e +2,9%.
Nel complesso, il leader Barilla (che controlla anche Voiello) ha una quota di mercato a volume del 21%. Nel 2020 segnava il 25% e nel 2023 il 20%. Dopo Blue box, seguono le private label con il 14% di quota di mercato a volume, Divella con il 10,7%, La Molisana con il 10,6%, De Cecco con il 10,3%, Rummo con il 7,7% e Garofalo con il 6,7%.
Dopo le proteste degli agricoltori contro il forte ribasso del grano italiano e presunte manovre speculative, il governo ha deciso di affidare la rilevazione delle quotazioni non più alle camere di commercio ma alla Commissione unica nazionale. Decisione accolta dai pastifici con un certo disappunto.
Mansi preferisce rilanciare la trasparenza del mercato attraverso la determinazione del prezzo della pasta: “Il prezzo è sempre al limite delle possibilità dei pastifici. Nessun può permettersi di lesinare investimenti perché la competizione è sempre più serrata”.
Un esempio? “Il prezzo medio della marca privata: è calato meno del prezzo delle marche che hanno investito margini per rimanere competitive”. E infatti le quote di mercato delle Mdd sono tracollate di quasi l’8%.
Sul versante internazionale, è arrivata la doccia fredda dei super-dazi americani sulla pasta. Il Dipartimento del commercio ha accusato le aziende italiane del settore di dumping e imposto una tariffa del 91,74%, in aggiunta al 15% già in vigore, facendo salire la gabella sul prodotto a quasi 107% dal prossimo gennaio. Nel mirino in particolare La Molisana e Garofalo. Ma anche tutti gli altri brand. Al lavoro la diplomazia italiana ed europea.
La Molisana ha smentito la notizia che vorrebbe aprire uno stabilimento di produzione negli Stati Uniti. L'azienda, si è appreso nelle ultime ore, sarebbe sottoposta a una nuova procedura di dumping, una quarta in arrivo. "Cercheremo di discutere con l'amministrazione americana - ha detto il ceo Giuseppe Ferro - perché con dazi al 107% non è possibile lavorare". Poi però ha annunciato che ricorrerà in giudizio.
Il caso Sgambaro
Claudio Costantini, dg della veneta Sgambaro, dichiara: "Una stangata di queste dimensioni diventa insostenibile. Se pensiamo che la nostra categoria pasta lavora già con margini bassissimi, l’impatto porterebbe a inevitabili ripercussioni: vendite bloccate ma soprattutto ingenti volumi di merce da immettere su mercato interno e su quello europeo con conseguente impatto sui prezzi. Ritengo che sia urgente aprire un tavolo di lavoro comune con la Farnesina e con le associazioni di categoria in modo da adottare un approccio comune e far sentire un'unica voce”.
Per Sgambaro il mercato americano vale meno del 10% di fatturato. "Per noi, questo mercato rappresenta la priorità numero uno su cui partire a investire nel 2026 - aggiunge Costantini -. Abbiamo messo in programma piani di sviluppo che prevedono sia l’espansione della struttura organizzativa e commerciale sia del portfolio di prodotti dedicati. Un cambiamento di questa portata ci costringerebbe a ripensare tutto il nostro business plan”.
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