Soffre ancora, e gravemente, il mondo della ristorazione: mentre le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti, l’improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia sta determinando un'incertezza assillante.

Ecco, in sintesi, il tema portante del rapporto annuale di Fipe-Confcommercio, realizzato in collaborazione con Bain&Company e Tradelab e presentato ieri, 23 marzo, a Roma.

Quello che doveva essere l’anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, ma non oltre i dieci punti percentuali.

Per il 73% dei pubblici esercizi, invece, il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni, con conseguente contrazione dei consumi.

Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalenti a una perdita del 27,9 per cento.

Naturale conseguenza di questa dinamica, e del relativo clima di sfiducia che si è sviluppato intorno al settore, è stata la scomparsa di 194.000 posti di lavoro rispetto al pre-covid.

«La fotografia scattata dal rapporto – sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppani – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, per noi linfa vitale. Stante così la situazione non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la pandemia.

Alle emergenze prezzi e consumi, evidenzia Stoppani, «se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività e attrattività. Senza produttività non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro».