Come può la descretazione delle confessioni di un pentito, Carmine Schiavone, provocare un vero terremoto in un settore del largo consumo? Certo che può, quando questo pentito ha raccontato a suo tempo di come il Clan dei Casalesi fosse disposto ad appestare i terreni meridionali per smaltire illegalmente i rifiuti tossici del nord. E da qui a dire che l’agricoltura meridionale è inquinata il passo è breve, specialmente quando il concetto pare trovare conferma presso un grande marchio del Settentrione, ossia Pomì (Consorzio Casalasco) che invita apertamente a consumare solo pomodori del Nord e, cosa ovvia, solo i suoi prodotti. Il tutto condito con l’immagine di un punto rosso (un pomodoro solo vagamente stilizzato) piazzato come un confine nella lingua che dalla Lombardia porta in Emilia Romagna e il tutto ulteriormente corraborato dal claim “Solo da qui. Solo Pomì”.

La campagna ha scatenato un vero putiferio, accuse di razzismo o quanto meno di separatismo, oltre a quelle di avere cercato di trarre vantaggio da un ipotetico svantaggio della concorrenza. La cosa finisce immediatamente in tv e su tutti i network nazionali. I dirigenti Pomì parlano, convincono alcuni, lasciano scettici altri.
Alle 17.30 arriva il comunicato di Coldiretti: ''Il cento per cento dei pomodori italiani trasformati, dalla passata di pomodoro alla polpa di pomodoro, dai pomodori pelati ai pomodori secchi, sono risultati regolari per la presenza di residui chimici sulla base delle ultime analisi del Ministero della Salute pubblicate nel rapporto 'controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari'''.  Una rassicurazione accompagnata comunque dall’invito a rimanere sempre vigili sulla qualità.

Alle 18.07, su richiesta di Antonio Ferraioli, presidente di La Doria, uno dei maggiori produttori nazionali di conserve rosse, nonché presidente di Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali) arriva nelle redazioni la posizione ufficiale del 50% della categoria.

“Anicav, che associa la quasi totalità delle industrie di trasformazione del pomodoro private del Centro-Sud Italia stigmatizza fortemente il fenomeno in atto di criminalizzazione dell’intero settore del pomodoro del Meridione e il conseguente disorientamento dei consumatori italiani.

“L’Associazione, che rappresenta circa il 50% di tutto il pomodoro trasformato in Italia, esprime ferma condanna e aperto biasimo nei confronti di comportamenti, dichiarazioni e spot pubblicitari che danneggiano gravemente l’intero comparto conserviero meridionale e, in particolare, della Campania.

“Le recenti problematiche ambientali riguardano solo una piccolissima parte del territorio regionale, nello specifico un’area molto limitata della provincia di Caserta.

“Il pomodoro fresco proveniente da tale provincia rappresenta il 3,85% del pomodoro fresco trasformato in Italia e il 7% di quello lavorato nel Centro-Sud poiché, in prevalenza, la materia prima lavorata in tale area proviene dalla Puglia.

“Il pomodoro della provincia di Caserta trasformato dalle imprese dell’Anicav viene sottoposto, come tutta la materia prima proveniente da altre aree del Centro-Sud Italia, a rigorosi controlli a monte e a valle della filiera per garantire al consumatore la massima sicurezza.

“L’Anicav sta lavorando a stretto contatto con le Istituzioni e le Autorità competenti affinché si provveda al più presto alla perimetrazione dei terreni e all’interdizione alla coltivazione, qualora qualche suolo agricolo risultasse contaminato.

“L’Associazione condanna qualsiasi forma di speculazione che punti a identificare il pomodoro con una singola provincia o regione. Il pomodoro Made in Italy è unico e tale è percepito sui mercati esteri, un valore nazionale indivisibile.