Basterà il Dl energia, varato dal Governo nella giornata di venerdì 19 maggio, a frenare i timori dei nostri connazionali? Sembra di no, in quanto le famiglie hanno ormai imboccato un programma di risparmi draconiano e questo nonostante un decreto che prevede stanziamenti per un valore di 4,4 miliardi e, fra l’altro, capillari controlli dei prezzi, bonus per le famiglie in difficoltà esteso a più di 5 milioni di nuclei, tassa del 10% sui profitti delle utilities…

Secondo un sondaggio condotto da Ipsos per Confesercenti, infatti, nove italiani su 10 hanno già deciso di dimezzare il budget destinato alle voci di spesa non essenziali. Allo stesso tempo, quasi una persona su due valuta di fare scorte di beni primari – in particolare alimentari per il timore di un forte aumento anche sull’onda del conflitto russo-ucraino (61%) o, addirittura, di un’interruzione delle forniture (39%).

“Complessivamente – scrive la Confederazione - solo il 9% degli intervistati affronterà il caro-bollette senza battere ciglio: il restante 91% adotterà qualche strategia di risparmio, arrivando a tagliare in media il 55% del budget previsto per le cosiddette ‘altre spese’, quota che sale al 59% nelle regioni del Sud e delle Isole. A rimetterci sono soprattutto i consumi più legati all’Italian Style: cene e pranzi fuori, moda e persino il rito del caffè”.

In cima alla classifica della spending review ci sono le consumazioni nei ristoranti, indicate come voce da tagliare dal 67%. Seguono abbigliamento e accessori (53%) e bar (49%).

A soffrire è anche il turismo: il 47% indica la volontà di ridurre le spese per le vacanze, mentre un ulteriore 37% darà una sforbiciata anche ai viaggi brevi, con meno di due pernottamenti.

Inevitabilmente la scure calerà anche sull’intrattenimento (spettacoli, musica, videogiochi, ‘tagliati’ dal 47%), acquisti di tecnologia (38%) e spostamenti con mezzi privati (35%).

E se la bolletta svuota le tasche, la paura riempie inutilmente le dispense: per fare fronte alla stangata energetica, quasi un italiano su due (il 49% in media, con punte del 57% al Sud) ammette di stare valutando – o di aver già fatto – scorte di beni primari.

Oggetto dell’assalto agli scaffali sono soprattutto pasta e riso, indicati dal 66% di chi valuta scorte, ma anche prodotti in scatola (48%), legumi (41%), acqua e bevande (36%), surgelati (28%) e prodotti medicali (26%).