I consumi alimentari in Italia sono diminuiti di 10 punti percentuale negli ultimi cinque anni; l’export d’altra parte continua a crescere. Un mercato a due velocità per l’industria alimentare tricolore, che da una dimensione spesso locale riesce a competere a livello globale mentre perde terreno sul proprio territorio. Ora più che mai urge diminuire il carico fiscale su cittadini e imprese, rilanciare i consumi, tornare a promuovere in maniera corale le eccellenze del made in Italy all’estero, superando particolarismi costosi e inefficienti. Ecco cosa ci ha raccontato a questo proposito Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare.

Visto il momento stagnante dell’economia nazionale e il calo della fiducia dei consumatori, sempre più inclini al risparmio, in che modo crede sia possibile rilanciare i consumi?

Purtroppo sia nell’anno passato che nei due anni precedenti la spesa alimentare degli italiani ha registrato segni negativi, dovuti principalmente alla gravità della crisi che ha colpito l’intero sistema economico. A questo si è aggiunta poi la minaccia fiscale: quella già attuata lo scorso anno con l’aumento dell’Iva dell’1% e quella del prossimo ottobre con altri due punti relativi alle aliquote del 21% e del 10%.

Che ripercussioni avranno questi incrementi sulle nostre tasche?

Questo si tradurrà in un ulteriore aggravio per i consumatori e quasi tutti prodotti alimentari ne verranno colpiti. Per contrastare questa situazione puntiamo molto sull’esportazione, nostra valvola di sfogo e unico settore in cui lo scorso anno abbiamo registrato risultati positivi (+10%), che speriamo di poter replicare con almeno un +8%. Naturalmente è sempre più difficile raggiungere alcuni Paesi, perché bisogna andare più lontano e arrivare nei mercati emergenti, cosa che le grandi aziende alimentari possono fare più facilmente, mentre per quelle di piccole e medie dimensioni è necessario dar vita a un sistema per consentire l’export. Fortunatamente questo governo ha rilanciato l’Ice, in precedenza cancellato, che dovrebbe fare un’azione di regia in modo da evitare le dispersioni verificatesi nel passato.

Il 7 maggio prenderà il via Cibus, una delle più importanti manifestazioni dedicate alla filiera agroalimentare e che ospiterà anche l’assemblea annuale di Federalimentare. Quanto è importante questa vetrina per il nostro Paese?

L’industria alimentare italiana, fatta di 6.500 piccole e medie imprese che impiegano 410.000 lavoratori e genera 130 miliardi d euro di fatturato, è la seconda realtà manifatturiera del Paese e produce l’8,1% del PIL. Cibus, frutto della collaborazione tra Federalimentare e Fiere di Parma, è da ventisette anni l’evento espositivo di eccellenza per il settore, una vetrina di assoluto prestigio sempre di più rilevante nel favorire l’export agroalimentare italiano. Grazie anche a Cibus, il nostro modello alimentare è sempre più popolare nel mondo, mentre in Italia soffre la costante contrazione dei consumi dell’ultimo quinquennio. “Tornare a crescere” sarà pertanto il titolo dell’assemblea annuale della nostra Federazione che si terrà durante la giornata inaugurale: un momento di confronto in cui imprese, istituzioni e opinionisti saranno chiamati a dibattere modi e tempi per ritrovare un percorso virtuoso di sviluppo.

Una previsione per il 2012?

Purtroppo non abbiamo speranze di migliorare la situazione dello scorso anno: le cifre di produzione saranno infatti ancora negative e prevediamo un calo dell’1/-1,5%. Il discorso vale anche per i consumi per i quali non ci aspettiamo una crescita, a causa degli aggravi fiscali a cui si aggiunge lo spettro della food tax che noi contrastiamo, perché ritenuta ingiustificata e iniqua, dal momento che andrebbe a colpire le fasce più povere della popolazione. Una tassa, per altro, dannosa perché produrrebbe una contrazione dei consumi e un peggioramento dell’immagine dei nostri prodotti all’estero.


Stefania Lorusso