di Emanuele Scarci

Nel 2021 la pasta scuoce, ma il confronto con il 2020 non fa testo. L’anno di riferimento rimane il 2019, e rispetto a quest’anno il progresso è confortante. L’anno scorso le vendite di pasta secca nella grande distribuzione sono arretrate, secondo dati di mercato, di circa il 7% a volume e del 4% a valore (830 milioni di euro). Il prezzo medio è cresciuto del 3%. Le vendite di pasta integrale hanno invece mantenuto le posizioni a valore (70 milioni) mentre sono cresciute a volume, dell’1%.

Da sottolineare il processo di “premiumisation” in atto in Italia, secondo il quale più player spostano pezzi di produzione verso la fascia premium, di maggior valore. Come ha fatto, negli ultimi due anni, il leader di mercato Barilla.

Anche sul fronte estero, nei primi 10 mesi del 2021 l’industria pastaria ha ridotto l’export da 2,6 miliardi di euro a 2,4 miliardi, -5,7%.

"Il 2021 va confrontato con il 2019 e non con il 2020 - ribadisce Massimo Menna (nella foto), ceo del Pastificio Garofalo e presidente del Consorzio di Gragnano -. Rispetto a quest’ultimo anno le vendite sono ovviamente calate perché è stato un anno eccezionale, ma siamo sopra i dati della pre-pandemia".

L’anno scorso il brand Pasta Garofalo si è ritaglitoa una quota del mercato nazionale dell’8% a valore e poco più del 6% a volume.

Il prezzo al dettaglio della Pasta Garofalo e il più elevato della fascia premium dopo De Cecco. Come spiegarlo?

Noi ci sforziamo di offrire al consumatore la migliore qualità al mondo, ma per fare questo ci sono costi delle materie prime e di produzione ineludibili. Abbiamo rapporti di collaborazioni con i più rinomati fornitori di materie prime italiani ed esteri. Il mix è il migliore possibile.

Quali sono i trend del 2021 per il Pastificio Garofalo?

In tonnellate, l’Italia è rimasta stabile mentre l’estero ha segnato un calo del 15%.

Qual è il pre-consuntivo 2021 della sua azienda?

I ricavi sono stati di 196 milioni a fronte dei 218 dell’esercizio precedente. L’Ebitda si è fermato a 16,5 milioni contro i 27,9 del 2020. Infine l’utile netto è stato di 6,2 milioni contro 14,5.

E nel 2022?

Bisognerà fare i conti con il boom dei prezzi del grano, dell’energia e degli imballaggi. Gli aumenti sono indiscutibili e sotto gli occhi di tutti. In più ci sono gli altri problemi relativi all’export: si pensi all’impennata del costo dei noli marittimi e dei ritardi nella consegna dei container. Sarà un’annata molto difficile e imprevedibile.

Il prezzo del grano è balzato da 300 euro/tonnellata a 570 euro, senza contare la bolletta dell’energia. E’ necessario per la pasta un aumento di 40 centesimi al chilo?

La stima di 40 centesimi è ottimistica rispetto al forte rincaro dei costi di produzione. Tuttavia per il consumatore sarebbe un aumento molto contenuto, ma per i produttori una boccata d’ossigeno. Per i consumatori significherebbe appena 1 euro in più al mese. E malgrado l’aumento la pasta rimarrebbe comunque un alimento completo e a buon mercato.

In Italia qual è l’atteggiamento della grande distribuzione rispetto alla richiesta di aumenti?

Finora la grande distribuzione non ha dimostrato una grande empatia per i problemi dei produttori.