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Federalimentare crea l’Osservatorio sulla transizione tecnologica

Federalimentare crea l’Osservatorio sulla transizione tecnologica
Paolo Mascarino

Federalimentare crea l’Osservatorio sulla transizione tecnologica

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Luca Salomone

Gli strumenti ci sono, ma il progresso del nostro agroalimentare avanza con eccessiva lentezza. Tuttavia, si possono accelerare i tempi con una ‘santa alleanza’ fra le imprese e le start-up. Questa sinergia, infatti, porterebbe a una massiccia, quanto salutare, spinta innovativa.

È, in estrema sintesi, il messaggio emerso in occasione della giornata mondiale dell’alimentazione, mercoledì 16 ottobre, quando Federalimentare, Riello Investimenti (con il suo fondo Linfa, dedicato all’agrifoodtech a impatto ambientale) e il Centro di Ricerca X.Ite (X Insights technology enhanced), dell’Università Luiss Guido Carli di Milano, hanno indetto a Roma, presso l’aula del Senato, un interessante convegno, sulla transizione tecno della filiera.

Seicento miliardi di fatturato

I dati più recenti (Federalimentare-Censis), mostrano che il nostro agroalimentare ‘allargato’ - agricoltura, industria, distribuzione e ristorazione, beni e servizi B2B -, genera oltre 600 miliardi di euro di fatturato, dando un contributo del 32% al Pil.

Le realtà che fanno parte dell’ecosistema sono 1,3 milioni, con 3,6 milioni di addetti e, una volta sommate, dimostrano, anche nel 2023, una crescita di tutti i principali indicatori di performance, con un fatturato in aumento del 7,1% e un export in salita del 6,6 per cento.

Inoltre, la catena del valore, per quanto concerne il nostro Paese, non è solo rappresentata dall’eccellenza dei prodotti, dagli innumerevoli marchi Doc, Igp e Docg (892 secondo Fondazione Qualivita), ma anche dalla tecnologia manifatturiera, dagli impianti di trasformazione e confezionamento, dalla capacità logistica e dai numerosi brevetti esportati in tutto il mondo.

Gas serra al 32 per cento

Ma, come ha evidenziato il recente “G7 - Agricoltura e Pesca” (Siracusa, 26-28 settembre 2024) la filiera globale del cibo produce circa il 32% dei gas serra totali (Fao 2024) e non può, quindi, esserci una lotta al riscaldamento planetario che non passi per la trasformazione della filiera. E questa considerazione mette l’Italia in prima linea anche nella sfida sostenibile: il nostro sistema agrifood, dati i suoi numeri record e le sue enormi opportunità, è invece ancora in una fase embrionale, quando si parla di innovazione.

Basti dire che, solo nel 2023, l'investimento complessivo in start-up agrifootech è stato di soli 250 milioni di euro (fonte: AGfunder), un dato nettamente inferiore rispetto a quello di altri Paesi europei a vocazione food.

Inoltre, un’analisi di Forward fooding (società londinese specializzata nella consulenza in materia di innovazione), indica che se l’Italia è al 4° posto in Europa per numerosità di start-up, si piazza nella decima posizione in quanto ai capitali raccolti.

Il commento di Paolo Mascarino

Per questo Federalimentare, Riello e Luiss, hanno dato il via all'Osservatorio sulla transizione tecnologica dell’agroalimentare, grazie a una partnership che ha l’obiettivo di creare un legame virtuoso fra aziende (produttive e distributive), start-up e innovazione, per stimolare lo sviluppo di un’imprenditorialità capace di adottare in modo più massiccio soluzioni avanzante, in grado di accelerare i tempi di quello che è un passaggio obbligato.

Spiega Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare: «Siamo consapevoli che la strada per continuare a essere competitivi sui mercati globali non può prescindere dall’innovazione tecnologica, se si vuole continuare a produrre cibo di qualità, sicuro e sostenibile. La competitività e la concorrenza a livello globale sono le sfide che ci attendono, e l’industria alimentare italiana deve sostenere e fare crescere il suo vantaggio competitivo. Il ‘Rapporto Draghi’, sulla competitività europea (settembre 2024, ndr), ha richiamato la responsabilità degli Stati membri a promuovere sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina. Questo messaggio non deve rimanere inascoltato, ma va attuato. E per progredire con successo, le imprese hanno bisogno del contributo delle università, dei centri di ricerca, di politiche pubbliche di sostegno alla ricerca e delle istituzioni finanziarie».

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