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Perché i commercianti andranno in pensione oltre i 70 anni

Perché i commercianti andranno in pensione oltre i 70 anni
Inflazione e conseguente calo di liquidità spostano l'età pensionistica dei retailer molto in avanti

Perché i commercianti andranno in pensione oltre i 70 anni

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Luca Salomone

Pensioni sempre più distanti. Entro il 2051 l’età salirà, nel nostro Paese, a 69 anni e 6 mesi, secondo quanto affermato dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli. Ma per le micoroimprese alcuni i dati  indicano una situazione ben più acuta.

Chelli, per inciso, ne ha parlato circa due settimane fa, nel corso di un’audizione alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.

L’inflazione lascia il segno

Cosa accadrà ai commercianti e ristoratori? Niente di buono, visto che il 24,7% di loro prevede di lavorare oltre i 70 anni e un ulteriore 13,6% ha deciso di continuare il più a lungo possibile.

Comprensibile, forse, per chi ha una piccola azienda… ma il fatto è che i motivi del ritiro non dipendono da elementi come il desiderio di restare attivi, di guadagnare di più, dal non avere, magari, persone che ereditino l’impresa, ma da preoccupazioni e timori, fra le quali svettano il carovita e la poca liquidità disponibile.

Uno scenario che evidenzia il bisogno di una solida pianificazione finanziaria.

Ma proprio il tema culturale dimostra lacune importanti. Otto commercianti su dieci non hanno mai ricevuto una formazione specifica, anche se il 58,6%, afferma di avere acquisito competenze sul campo.

È quanto emerge dall’Osservatorio sull’educazione finanziaria nel retail condotto da SumUp.

«Data la situazione presente, il fatto di disporre di competenze dal lato della finanza diventa cruciale per garantire una duratura sostenibilità economica del proprio business e per pianificare il momento della fuoriuscita dal lavoro – sottolinea Umberto Zola, responsabile delle vendite online europee della fintech -. In questo scenario, la tecnologia può essere un alleato importante, consentendo ai piccoli imprenditori di automatizzare e ottimizzare le operazioni quotidiane, dalla contabilità - che oggi, come emerge dal nostro sondaggio, è ancora gestita manualmente dal 26,2% - alla gestione del magazzino e delle relazioni con i fornitori».

Previdenza contro risorse

Questo non deve far pensare che i nostri commercianti siano degli sprovveduti, incapaci o noncuranti di provvedere al futuro. Attualmente, il 35,9% ha attivato un piano pensionistico statale e il 19,7% personale.

Un ulteriore 18,1% ha fatto ricorso a risparmi e investimenti per garantirsi un certo tenore di vita anche in età anziana, mentre il 17,4% considera la propria azienda come il principale mezzo per avere un reddito, pure negli anni avanzati.

Bei programmi, cui si oppongono, come detto, fattori che, per quanto congiunturali, non sembrano passeggeri, avendo inferto, in tanti casi, gravi ferite all’azienda.

E così un significativo 30,3% di questi imprenditori si ritrova oggi con risorse più limitate, e quasi uno su tre (31,2%) conferma che la lunga stagione inflazionistica ha avuto ricadute pesanti, non solo sui redditi, ma anche, ovviamente sui costi, da mettere a budget, compresi quelli personali (fondi pensionistici, coperture assicurative e altro).

Nonostante una certa mancanza di formazione in materia di pianificazione finanziaria, dall’analisi di SumUp emerge un diffuso (eccessivo?) ottimismo degli imprenditori del piccolo commercio riguardo alla propria capacità di gestione aziendale, con molti che si considerano buoni Cfo di sé stessi: solo l’1,9% si reputa inadeguato, mentre il 48,9% si dice molto sicuro del proprio talento.

In particolare, le attività su cui gli esercenti reputano di essere più ferrati sono la definizione del budget aziendale (33,1%), la gestione del flusso di cassa (26,5%) e della contabilità (25,4%).

Le operazioni più gravose, indicate dal campione, risiedono, invece, nella comprensione fiscale e legale (19%), nella compilazione corretta dei registri obbligatori (13,7%), nel buon governo delle spese e del reddito d’impresa (12,5%).

Fra autodidattica e gap formativo

Per conseguenza la maggior parte dei soggetti (56,3%) si affida a commercialisti, o consulenti fiscali, non solo per operazioni routinarie, ma anche per una gestione ‘profonda’, pur rimanendo vero che quelli che se ne occupano in autonomia non sono pochi, arrivando al 41,7 per cento.

Formazione. Questa è una nota dolente, visto che solo un quinto degli intervistati ha ricevuto una preparazione finanziaria attraverso una laurea, una certificazione (14,8%) o un workshop dedicato (5,6%).

Piuttosto bassa anche la quota di chi ha intenzione di affrontare per percorsi formativi: solo un 7,6 per cento. Gli ‘altri’, si è visto sono, a larga maggioranza (58,6%) autodidatti.

Tra i momenti culturali spiccano, come principali fonti, i corsi online e i webinar (18,7%), ma anche sessioni individuali di coaching finanziario (18%) e iniziative intraprese con i colleghi (14,2%).

Infine, il 21,9% è convinto che la tecnologia agevoli notevolmente la gestione delle finanze e l'organizzazione, mentre il 18,2% sottolinea che essa consente di automatizzare compiti finanziario-contabili, permettendo così un risparmio significativo di tempo.

Leggi anche: I negozi indipendenti non aprono più e Il deserto commerciale impatta

Nota metodologia

L’indagine è stata condotta nella seconda metà di settembre 2024, attraverso un sondaggio a cui hanno partecipato circa 2.500 piccoli imprenditori di varie categorie merceologiche, parte della base utenti di SumUp.

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