L’export agroalimentare italiano ha superato per la prima volta i 70 miliardi di euro, attestandosi a 70,7 miliardi tra giugno 2024 e maggio 2025.
L’export agroalimentare italiano è quindi quasi un raddoppio rispetto ai 37 miliardi del 2015 e rappresenta il segno tangibile della forza del made in Italy, capace di crescere sui mercati internazionali con qualità, innovazione e tradizione.
“Superare la soglia dei 70 miliardi significa dare la misura di quanto il Made in Italy alimentare sia ormai una potenza globale – sottolinea Giacomo Ponti, Presidente di Italia del Gusto –. Non parliamo solo di numeri, ma della capacità di un intero Paese di trasformare tradizione e qualità in un motore di sviluppo internazionale. Se abbiamo raggiunto questo traguardo, è perché le nostre imprese hanno saputo unire passione, competenze e visione, dimostrando che l’Italia può guidare le sfide del futuro con fiducia.”
Secondo le elaborazioni della Fondazione Edison su dati Istat, nei primi cinque mesi del 2025 le esportazioni complessive sono cresciute del +5,6% rispetto allo stesso periodo del 2024.
L’agricoltura ha segnato un progresso del +9,4% (4,4 miliardi di euro), mentre l’industria alimentare e delle bevande ha raggiunto i 25,7 miliardi, con un aumento del +5%.
La Germania ha registrato un +12,6%, la Spagna un +16,6%, la Polonia un +17,1%. Positivi anche gli Stati Uniti (+6,9%) e la Turchia (+11,3%), segno della vitalità del Made in Italy anche fuori dall’Europa.
I numeri segnano anche un cambio strutturale di grande rilievo. Nel 2014 la bilancia agroalimentare italiana registrava un deficit di 7,6 miliardi di euro; oggi il saldo è positivo per oltre 1 miliardo. È un ribaltamento epocale, che certifica come l’Italia abbia saputo trasformarsi da importatore netto a protagonista dell’export globale, grazie a filiere sempre più solide e competitive.
Questo risultato è reso ancora più evidente dai primati conquistati sui mercati mondiali. L’Italia è leader assoluta nell’export di pasta, derivati del pomodoro, prosciutti, aceti, vermouth e mele; ha superato Francia e Paesi Bassi nei formaggi ed è ormai vicinissima alla Germania; è seconda nel vino, subito dietro la Francia; e persino nel caffè torrefatto si colloca al secondo posto al mondo, a dimostrazione di come competenze e know-how possano compensare l’assenza di materia prima nazionale.
Nel dettaglio, l’Italia è il primo esportatore globale di pasta (4,7 miliardi di dollari), derivati del pomodoro (3,2 miliardi), prosciutti (1,3 miliardi), vermouth (291 milioni), aceti (394 milioni) e mele (1,1 miliardi). È il secondo esportatore mondiale di formaggi con 5,8 miliardi di dollari, avendo superato Francia e Paesi Bassi ed essendo ormai vicinissima alla Germania (6,7 miliardi). Nel vino l’Italia è il secondo esportatore mondiale con 8,8 miliardi di dollari, subito dopo la Francia (12,7 miliardi). Anche nel caffè torrefatto il nostro Paese si colloca al secondo posto al mondo con 2,2 miliardi, dietro la Svizzera, che però non produce caffè ma lo commercia.
L’export non è l’unico segnale di forza. L’agroalimentare rappresenta oggi la principale industria manifatturiera non automobilistica del Paese, con 1,4 milioni di occupati, un valore della produzione di 257 miliardi e oltre 80 miliardi di valore aggiunto. È un patrimonio che unisce grandi gruppi e migliaia di piccole e medie imprese, in un tessuto produttivo che tiene insieme tradizione e innovazione, identità locali e vocazione internazionale.