È stata pubblicata la nona edizione del benchmark internazionale sul benessere degli animali d'allevamento Bbfaw, condotto annualmente da Compassion in world farming, organizzazione senza scopo di lucro e maggiore promotrice mondiale dei diritti degli animali da reddito.

Fra le 150 imprese analizzate si osserva che, nonostante le difficoltà legate al contesto sanitario, il tema è sempre molto rilevante, anzi prioritario, nelle strategie di business e sostenibilità delle aziende: rispetto al 2019, così, 23 soggetti economici (15%) sono saliti di almeno un livello e il punteggio complessivo è aumentato dell'1 per cento.

Saltiamo immediatamente al nostro Paese, dove il rapporto ha considerato 8 realtà provenienti dai settori della ristorazione, Gdo, produzione e trasformazione. Fra queste l'unica ad avere migliorato significativamente il proprio punteggio è Barilla, che sale al secondo livello della e si conferma l'azienda italiana con il posizionamento più alto.

Dalla prima edizione di Bbfaw, 2012, la multinazionale di Parma ha progressivamente migliorato il piazzamento, arrivando a eliminare, nel 2019, in tutti i Paesi raggiunti, le gabbie per galline ovaiole e impegnandosi a lavorare sul tema dei sistemi combinati, strutture ibride potenzialmente diffuse anche nel nostro Paese e portatrici di molte questioni legate al benessere delle galline ovaiole (quando i cancelletti sono chiusi, gli animali si trovano confinati a una densità di allevamento paragonabile a quella delle normali gabbie di batteria, ndr). Le buone pratiche dell'azienda si estendono anche ad altre filiere, come quella suina, in cui Barilla si è impegnata a eliminare gradualmente la pratica del taglio della coda.

Commenta Leonardo Mirone, coordinatore dei progetti di sostenibilità di filiera di Barilla: "In Bbfaw 2013, Barilla si trovava al livello 5 e non aveva una policy complessiva sul benessere animale, pur avendo già intrapreso il percorso di eliminazione delle gabbie per le galline ovaiole sin dalla fine del 2011, facendone un elemento strategico di marchi importanti, come Mulino Bianco e Le Emiliane. Questo ci è stato di stimolo per affrontare il tema in maniera complessiva e oggi ci assicuriamo che tutti i nostri fornitori di materie prime di origine animale rispettino standard elevati, in conformità con la nostra policy e le nostre linee guida”.

La situazione delle altre rappresentanti nazionali appare invariata, con Camst, Cremonini, Ferrero, Veronesi e Coop Italia al livello 4, dove si posizionano le società che stanno facendo progressi, o sono in fase di implementazione dei propri standard di benessere animale. Conad e Autogrill, invece, rimangono ferme nella parte più bassa della classifica, non avendo ancora pubblicato una policy generale su questo argomento (tuttavia, sia la prima che la seconda, come si vede sui rispettivi siti, hanno precisi criteri).

Afferma Elisa Bianco, responsabile del settore food di Compassion Italia: “L'attuale pandemia ha avuto un forte impatto sul mondo alimentare, in particolare sulla ristorazione, e, al tempo stesso, ha reso evidente la necessità di attuare una transizione verso sistemi alimentari più sostenibili e rispettosi del benessere animale. Come dimostra il Benchmark 2020, l'implementazione di pratiche di miglioramento progressivo sta diventando sempre più cruciale nella definizione delle performance delle aziende ed è sempre più importante iniziare ad affrontare anche altre problematiche chiave - oltre alle gabbie per le galline ovaiole -, come gli standard di allevamento dei polli da carne e l’utilizzo di gabbie di gestazione e allattamento per le scrofe.”

Analizzando la situazione nei vari Paesi, il report mette in luce come il benessere animale stia diventando sempre più rilevante in Asia e America Latina, macroregioni fondamentali, dato che qui si trovano alcuni tra i più importanti produttori di carne.

Diverse aziende hanno migliorato il proprio punteggio, per salire di almeno un livello in Bbfaw 2020. Tra queste il produttore tailandese Cpf Foods (piatti pronti), la giapponese Meiji Holdings (dolciario) e la brasiliana Marfrig (carni lavorate e ricettate).

Si osserva, ancora, il primato della Gran Bretagna, con Cranswick (produttore e fornitore di freschi e confezionati), Marks & Spencer, Noble Foods (avicoli) e Waitrose, che si piazzano nella pole position mondiale.

Sono 91, su un campion di 150, le società che si situano nei primi quattro livelli, dimostrando una gestione attiva dei rischi e delle opportunità commerciali associate al tema.

I produttori e trasformatori, infine, sono i più rappresentati nei livelli 1 e 2 del benchmark 2020. Tra questi Barilla, Danone, Nestlé e Unilever. In compenso 1 azienda su 5 non ha pubblicato una politica di benessere animale e il pesce d'allevamento è, come al solito, trascurato nelle politiche di molti operatori.

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