Occhi puntati sugli alimenti free from in occasione di Gluten Free e Lactose Free Expo, che hanno aperto i battenti sabato 17 novembre presso Fiera di Rimini, dove proseguono fino a martedì 20.

Le manifestazioni, organizzate da Exmedia, società di Italian exhibition group, rappresentano la sede ideale per toccare con mano le ultime novità di prodotto e capire le tendenze del mercato, anche a livello internazionale. Infatti, in questa settima edizione, è stata rinnovata la partnership con Agenzia Ice, che ha portato nel polo riminese Gran Bretagna, Scozia, Irlanda, Romania, Canada e Sudafrica.

Le nazioni coinvolte direttamente da Ieg sono invece Spagna, Israele, Germania, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia. Inoltre, per il terzo anno consecutivo, è presente una delegazione di espositori dalla Corea del Sud.

Importante novità è l’attivazione di un programma rivolto alla Gdo, che concerne grandi insegne, a partire da Coop e Despar. Fra gli eventi previsti - show cooking, seminari, conferenze - viene anche data un’attenzione maggiore alle attività dedicate all’Horeca, grazie alle collaborazioni con Federazione italiana cuochi, Confederazione pasticceri italiani e la scuola di cucina Cast Alimenti, tutte sul posto, per informare e formare sulle potenzialità e il valore aggiunto della ristorazione gluten free e lactose free.

Per le competizioni si segnala la sesta edizione del Campionato europeo di pizza senza glutine, il terzo appuntamento con i Gluten free awards e il debutto del Premio alimenti funzionali free from.

Tanto fermento è giustificato da un settore in continua crescita, visto che gli italiani spendono 320 milioni di euro l’anno per l’acquisto di prodotti senza glutine, non sempre per motivi legati alla salute.

Secondo i dati resi noti, in ottobre, da Istituto Ixè il 74% dei nostri connazionali sceglie cibi che riportano in etichetta la dicitura ‘senza…’: senza lattosio e glutine, senza conservanti e coloranti, senza Ogm, ma anche senza zucchero e sale.

Chi acquista un prodotto alimentare, nel 45% dei casi, bada all’assenza dei conservanti, il 43% dei coloranti, il 38% si focalizza sulla mancanza degli Ogm, mentre la quota di chi cerca il senza glutine e senza lattosio arriva al 31 per cento.

Sono principalmente le donne a porre particolare attenzione alla composizione di quello che acquistano, ma sono i più giovani (18-34 anni) e i giovani adulti (35-44) a rivelarsi i veri cultori dei free from. Chi rientra in queste fasce d’età non solo è alla ricerca di prodotti ‘salutari’ ma vuole anche trasmettere buone abitudini ai propri figli.

Altri dati, sul ‘senza’ in generale, arrivano dall’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di Nielsen e GS1 Italy. “Nel 2017 – si legge - il mondo degli alimenti presentati in etichetta come ‘free from’ resta il più importante, in termini di presenza a scaffale e fatturato, dell'intero largo consumo italiano, rappresentando il 18,4% dei prodotti in vendita e il 28% del giro d'affari del settore food”.

Dall'analisi emerge che nella Gdo ci sono ben 10.000 prodotti alimentari (esclusi acqua e alcolici) che riportano sulle confezioni un claim che sottolinea l'assenza di un componente, oppure il basso contenuto di un nutriente: senza conservanti, con pochi grassi, con pochi zuccheri, senza olio di palma…

“Nel 2017 – prosegue l’Osservatorio - le vendite di alimenti ‘privi di’, ‘senza’ o ‘con pochi’ sono arrivate a sfiorare la soglia record dei 7 miliardi di euro, dopo avere messo a segno una crescita del 2,3%, perfettamente allineata con quella del 2016. La variazione ha generato circa 155 milioni di euro incrementali”.

In altre parole i prodotti free from, ma anche quelli dietetici e ‘rich in’ sono stabilmente entrati nel lessico e nelle preferenze dei consumatori italiani, segnando un vero e proprio boom di mercato. Tuttavia, osserva il Rapporto Coop 2018, “per la prima volta da molto tempo, durante quest’anno si delinea un primo, timido rallentamento dei ritmi di crescita del corposo filone di domanda: nulla a che vedere con un’inversione di tendenza, piuttosto un assestamento, in parte fisiologico, per una porzione di mercato che potrebbe avere raggiunto una fase di maturità, e in qualche caso, forse, una certa saturazione. Sotto questo punto di vista, è importante rimarcare che gli italiani hanno oramai adottato un approccio ‘try and judge’. In una prima fase, affascinati dalle novità, sono propensi ad assaggiare ingredienti innovativi e prodotti di recente immissione sul mercato. Una volta sperimentato il prodotto ne pesano l'effettiva validità e decidono se confermarne l’acquisto, oppure se desistere e orientarsi verso altre sperimentazioni”.