di Luca Salomone

Le carni bianche restano le preferite dagli italiani e il settore chiude il 2022 con un fatturato molto importate, di cui una larghissima maggioranza, 7,4 miliardi di euro, rappresentato da Unaitalia, l’associazione nazionale della filiera avicola e delle uova.

Dall'aviaria all'alluvione

Ma le ombre sono parecchie. Lo ha spiegato, nei giorni scorsi, durante l’assemblea della stessa Unaitalia il presidente, Antonio Forlini (Gruppo Amadori): «L’avicoltura italiana si trova di fronte a uno scenario complesso. In conseguenza del calo produttivo dell’11,2%, nel 2022, per la prima volta abbiamo rischiato di perdere la nostra storica autosufficienza a causa degli effetti dell’aviaria, che ha provocato danni al settore per 262 milioni di euro da ottobre 2021 a maggio 2022 e ci siamo trovati a perdere l’8% del tasso di approvvigionamento.

«A queste difficoltà – ha proseguito Forlini - si sommano ora i danni dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, fra le regioni a più alta vocazione avicola, causando un perdita di oltre 15 milioni di euro, il peso dell’inflazione e quello dei costi produttivi: +23% nell’ultimo anno».

L’assemblea di Unaitalia, che vuol dire 64 mila addetti, 1,22 milioni di tonnellate di carne e 11,8 miliardi di uova, è stata anche l’occasione per fare il punto sui progressi del settore.

Progressi in fattoria

Secondo i dati di Ema-Evsac (European medicines agency ed European surveillance of veterinary antimicrobial consumption) c’è stato un calo del 90% nell’uso di antibiotici dal 2011 al 2020, a fronte di una riduzione del 18% in medicina umana, mentre la produzione avicola italiana emette circa il 50% in meno di CO2 rispetto alla media mondiale (dati Fao).

Il 62% della nostra produzione riporta, poi, informazioni volontarie aggiuntive in etichetta, disponibili al consumatore. Di queste, il 52% riguarda l’uso di luce naturale e il 50% l’impiego degli arricchimenti ambientali.

La densità (di allevamento) inferiore ai limiti di legge è indicata dal 30% degli aderenti al disciplinare Unaitalia, mentre il 6% della produzione usa razze “a lento accrescimento” (dato triplicato in un triennio).

Il 28% dei prodotti che riportano informazioni aggiuntive in etichetta (uno su tre) risponde a standard di “maggiore benessere”, ovvero sono garantite contemporaneamente, in allevamento, densità ridotte, arricchimenti ambientali e/o disponibilità di luce naturale.

Per le uova da consumo, infine, il passaggio a produzioni ‘cage free’ - sugli allevamenti delle filiere aderenti a Unaitalia, inclusi quelli in soccida - supera l’80 per cento.