NaturaSì pagherà il tampone ai dipendenti sprovvisti di green pass a partire dal 15 ottobre quando, per decreto, chi è senza il certificato verde non potrà più lavorare negli uffici pubblici e privati.

Le motivazioni della regina del bio sono spiegate in una lettera che il presidente, Fabio Brescacin, ha inviato a tutti i collaboratori e pubblicato sul sito aziendale.

“NaturaSì si schiera per la difesa della salute e la sicurezza, ma anche per la tutela del diritto e della dignità del lavoro, nel rispetto della libertà individuale, decidendo di contribuire al costo dei tamponi. Siamo intenzionati, per garantire il rispetto delle nuove norme sul green pass, a permettere a tutti i lavoratori di svolgere la propria attività in azienda liberamente, contribuendo come gruppo al costo dei test previsti dalla legge”, da un paio di giorni 15 euro grazie all’accordo raggiunto con i farmacisti.

“Non vogliamo entrare nella polemica: la nostra azienda vuole garantire un aiuto ai nostri collaboratori. Per noi, come impresa del biologico italiano, in armonia con la nostra missione, sono validi tre principi fondamentali: il rispetto della salute delle persone e della Terra, il rispetto della libertà individuale, i diritti e la dignità dei lavoratori”

La società, scrive ancora Brescacin, “sta vivendo una situazione complessivamente molto difficile, con la comparsa del virus e noi vogliamo evitare le lotte e le divisioni che purtroppo il virus ha esasperato nella relazione tra le persone, nel dibattito pubblico e nelle aziende”.

Quella di contribuire al costo del tampone è una scelta di non facile gestione, considerando i 1.600 dipendenti e gli oltre 300 negozi di cui una parte gestita da imprenditori in franchising.

Secondo una valutazione del Corsera l’esborso annuo sarà di 330 euro per non vaccinato, che diventano, in totale, 115.000, ipotizzando che un 10% del personale non abbia ricevuto, entro metà ottobre, la prima dose.

La cosa, come riporta ‘La Stampa’, ha fatto imbufalire Roberto Burioni, professore di virologia all’Università San Raffaele di Milano: "Se una catena di supermercati liscia il pelo ai no vax deve mettere in conto di perdere i clienti che hanno fatto il proprio dovere di cittadini vaccinandosi. Con me NaturaSì ha chiuso". Insomma, un più che esplicito invito al boicottaggio.