La Corte di Giustizia europea respinge le norme contro i burger veg
La Corte di Giustizia europea respinge le norme contro i burger veg
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"Nel campo dell’etichettatura alimentare, in assenza di una denominazione legale, uno Stato membro non può vietare l'uso di termini tradizionalmente associati a prodotti di origine animale per designare un cibo contenente proteine vegetali".
"La piena armonizzazione, prevista dal quadro europeo per l'informazione dei consumatori, impedisce anche che uno Stato membro emani un provvedimento nazionale che stabilisca tenori di proteine vegetali al di sotto dei quali resterebbe autorizzato l'utilizzo di denominazioni, diverse dalle denominazioni legali, e costituite da termini provenienti dai settori della macelleria e della salumeria per descrivere, commercializzare o promuovere alimenti contenenti proteine vegetali".
Premesso questo, se uno Stato membro ravvisasse pratiche che reputa lesive della buona fede del consumatore, potrebbe sempre agire contro l’azienda/ente che reputa responsabile.
A dirlo è la Corte di Giustizia Europea di Lussemburgo, che in questo modo accoglie le contestazioni intentate da Beyond meat, Association protéines France e Union végétarienne européenne contro la legge francese che impediva, in base al decreto 29 giugno 2022, accusato di eccesso di potere e a sua volta basato sulla legge 10 giugno 2020 (relativa alla trasparenza informativa sui prodotti agricoli e alimentari), di utilizzare, per i sostitutivi vegetali della carne, denominazioni come burger, salsiccia, bistecca...
Le tre realtà si erano già rivolte, nell’Esagono, al Consiglio di Stato, ottenendo, il 12 luglio 2023, una risposta molto articolata, ma che comunque dava ragione ai proponenti.
In sintesi l’Europa, ancora una volta, richiama soltanto a sé l’autorità di concedere o vietare le denominazioni alimentari, e ribadisce che la propria linea resta l’armonizzazione fra Paesi membri.
Indubbiamente è una vittoria che farà discutere, perché pone, indirettamente e nuovamente, un interrogativo piuttosto semplice. È davvero tanto facile che una persona possa sbagliarsi davanti a una polpetta vegetale, scambiandola per una polpetta a base di carne?
E in Italia? Da noi, come riferisce Good food institute, l’articolo 3 della legge 172/2023 del 1° dicembre 2023, cosiddetta legge sulla carne coltivata, introduce il “Divieto della denominazione di carne per i prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”, conosciuto anche come divieto di meat-sounding. Ma in mancanza dei decreti, con cui il Ministero dell’Agricoltura adotterà l’elenco delle denominazioni vietate, la norma resta, a oggi, inattuata.
Francesca Gallelli, responsabile per le relazioni istituzionali per Good food institute Europe, rincara la dose: «Alla luce della decisione della Corte europea di oggi (4 ottobre per chi legge) il Governo italiano deve tempestivamente rispettare l’impegno preso con il settore plant-based a rivalutare la norma, e abolire il divieto di meat-sounding».
Questa norma, prosegue Gfi Italia, è stata fortemente criticata dalle aziende anche attraverso osservazioni fatte pervenire alla Commissione europea.
Secondo gli ultimi dati Circana (settembre 2024), questo settore vale, nel nostro Paese, oltre 640 milioni di euro ed è cresciuto del 16% tra il 2021 e il 2023.
Un recente sondaggio YouGov del 2024 ha rivelato, infine, ricorda Gfi, che il 69% degli italiani ritiene appropriati termini come “hamburger” e “latte” per i prodotti plant-based, e il 68% crede che le aziende dovrebbero poterli utilizzare liberamente.
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