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Supply chain: solo un'azienda su 10 sviluppa una strategia di prevenzione dei rischi

Supply Chain: solo un'azienda su 10 sviluppa una strategia di prevenzione dei rischi

Supply chain: solo un'azienda su 10 sviluppa una strategia di prevenzione dei rischi

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redazione

La ricerca dell’Osservatorio Supply Chain Planning 2025 della School of Management del PoliMi, di cui Remira Italia supporta la ricerca, evidenzia gli scenari futuri della supply chain.

Approccio preventivo per il 5% delle Pmi

In Italia le catene di fornitura si trovano oggi a gestire una “nuova normalità” caratterizzata da volatilità, tensioni geopolitiche e dinamiche commerciali in continua evoluzione, per questo serve una consapevolezza strategica più diffusa.

Eppure, davanti all’evidenza della maggiore esposizione al rischio, appena il 26% delle grandi aziende e il 5% delle Pmi ha adottato un approccio preventivo, mentre la maggioranza continua a reagire agli eventi piuttosto che anticiparli.

Infatti, pur monitorando i principali fattori di rischio (82%), solo un’azienda su 10 ha aggiornato i propri modelli, sviluppando piani di contingenza strutturati e scenari alternativi. Tuttavia, il trend è in crescita: un ulteriore 22% delle grandi imprese e l’8% delle Pmi prevede di adottare strategie dedicate entro la fine del 2025.

Innovazione e attenzione al capitale umano

Lo studio, condotto su un campione di 271 aziende manifatturiere di diverse dimensioni, ha l’obiettivo di esplorare il rapporto tra le trasformazioni globali delle supply chain, le nuove esigenze di pianificazione e le opportunità offerte dalle tecnologie digitali e operative (IT e OT) per migliorare efficienza, resilienza e competitività nel contesto italiano.

Secondo i dati, cresce la tendenza all’innovazione e l’investimento nel capitale umano interno alle organizzazioni, ma permangono ritardi significativi su questioni come la pianificazione del rischio, la cultura del dato e l’integrazione di tecnologie come l’AI.

“Restano ancora aperte alcune sfide organizzative e culturali ma il percorso verso una supply chain sostenibile è ormai tracciato e il confronto tra accademia e industria assume, sempre di più, un ruolo strategico”, commenta Matteo Sgatti, regional sales manager di Remira Italia.

“I dati dell’Osservatorio Supply Chain Planning 2025 mostrano risultati incoraggianti – prosegue Sgatti –. Sappiamo che il 69% delle grandi imprese e il 64% delle Pmi dichiara di aver raggiunto i risultati attesi dai progetti di innovazione già avviati. Quello su cui resta ancora da lavorare è la resistenza al cambiamento di chi opera all’interno delle aziende e le aspettative spesso irrealistiche di alcuni manager sui tempi di implementazione delle soluzioni. Questo cortocircuito ci dice quanto sia importante, per risultati duraturi, che l’introduzione delle tecnologie vada di pari passo con l’investimento sulla formazione e con l’aggiornamento della cultura organizzativa”.

Verso la trasformazione digitale

L’impulso delle aziende italiane verso una maggiore resilienza si riflette nei progetti di trasformazione digitale avviati nell’ultimo anno che coinvolgono circa il 60% delle aziende.

Finora, queste iniziative si sono concentrate soprattutto su interventi tattici e operativi come la risoluzione di problemi produttivi (15%) o l’aggiornamento degli algoritmi di previsione (10%), più che su una revisione strategica dei processi.

Nei prossimi dodici mesi le principali aree di investimento mireranno a potenziare la competitività sull’automazione dei processi (13%), con un focus sulla Robotic process automation (Rpa) per le Pmi e sull’Intelligent Rpa per le grandi imprese, e sulla formazione del personale (11%) per sviluppare competenze digitali e analitiche.

Persone e competenze al centro

La ricerca dell’Osservatorio Supply Chain Planning 2025 sottolinea inoltre che il successo della trasformazione dei processi di pianificazione si fonda sul capitale umano.

Oltre il 60% delle aziende italiane gestisce i propri progetti di innovazione con il contributo delle persone interne all’organizzazione.

Resta una contraddizione: circa la metà delle grandi imprese non investe ancora nello sviluppo delle proprie risorse di planning. In tema di esigenze formative, le Pmi si concentrano su competenze tecniche legate all’uso degli strumenti digitali, mentre le grandi imprese investono sull’upskilling analitico con l’obiettivo di aiutare i dipendenti a prendere decisioni migliori basate sui dati, utilizzando strumenti avanzati come simulazioni, scenari “what-if” e metodologie di machine learning.

Integrazione, governance e AI

La pianificazione della supply chain italiana è sempre più orientata in tre direzioni: interoperabilità dei sistemi, governance dei dati e adozione dell’intelligenza artificiale.

L’integrazione tra i sistemi gestionali (Erp, Wms e Tms) resta ancora parziale: molte aziende operano con sistemi multipli poco connessi, mentre solo un terzo delle grandi imprese e una Pmi su cinque ha raggiunto un’integrazione end-to-end.

A questo si aggiunge la rivoluzione culturale legata ai dati: oltre il 20% delle grandi imprese e più del 40% delle Pmi non dispone di regole formali sulla data ownership, con conseguenze negative sulla qualità della reportistica e sulla coerenza dei Kpi.

Per l’IA c’è ancora tanta strada da fare: il 62% delle grandi imprese e l’86% delle PMI non ha ancora implementato soluzioni basate su questa tecnologia. Le sue applicazioni più diffuse riguardano l’analisi predittiva della domanda e l’automazione dei processi di lettura e interpretazione dei dati testuali, mentre la pianificazione autonoma basata su IA rimane ancora a livello sperimentale.

“La competitività delle imprese italiane nei prossimi anni dipenderà dalla capacità di combinare pianificazione strategica, gestione proattiva e non più passiva del rischio, automazione intelligente e investimento costante sulla formazione”, sottolinea Sgatti.

“Le supply chain non sono più semplici catene di fornitura ma veri e propri ecosistemi dinamici e interconnessi, in cui la complessità cresce di pari passo con le opportunità. L’abilità di leggere i segnali del mercato, anticipare gli scenari e adattare processi e competenze in maniera agile diventerà il fattore più determinante per la leadership nei settori manifatturiero e logistico", conclude Sgatti.

       
       

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