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La ricetta vincente del caseificio Brunelli: tradizione, export e innovazione
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La ricetta vincente del caseificio Brunelli: tradizione, export e innovazione
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Crescenti investimenti in tecnologia e innovazione e una filosofia di lavoro che si basa sull’autenticità della tradizione. Questa è la ricetta vincente di Brunelli, caseificio laziale operante nel settore lattiero-caseario che, in un contesto di forte crisi economica e di calo dei consumi, ha chiuso il 2011 in crescita. Ne abbiamo parlato con Alessia Brunelli, Responsabile Export Marketing dell’azienda.
Che ruolo riveste il caseificio Brunelli all’interno del Consorzio?
L’azienda Brunelli, fondata a Roma nel 1938, è specializzata principalmente nella produzione di formaggi da latte ovino, dal quale deriva il Pecorino Romano, core product del nostro caseificio, a cui è riconosciuto il marchio Dop. Siamo membri del Consorzio di Tutela del Formaggio Pecorino Romano sin dalla sua nascita, nel 1972, pur avendone preso in parte le distanze per alcune modifiche inserite nel processo produttivo che la nostra azienda non ha mai accettato: prima fra tutte l’introduzione della salamoia nel 1995 in sostituzione della tradizionale salatura a secco che noi tutt’oggi portiamo avanti per non penalizzare il gusto sapido e non salato della referenza. Il parziale allontanamento dal Consorzio è dovuto anche alla nostra volontà di mantenere la pezzatura di 34 kg, al posto dei 26 kg proposti e al rifiuto della nuova “cappatura” neutra anziché nera, secondo tradizione. L’azienda ha impiegato tutte le proprie risorse per proteggere il prodotto e mantenerne la distintività (ne è un esempio la tradizionale stagionatura di 12 mesi, invece dei 5 mesi voluti dal Consorzio), investendo moltissimo nell’innovazione: questo ci ha portato a essere considerati i “superstiti” della svantaggiata produzione romana negli anni.
Come si è concluso il 2011 in termini di fatturato?
Paradossalmente in questa fase di stagnazione generale che non porta auspici positivi, Brunelli ha registrato un incremento del 7% con un fatturato di circa 33 milioni di euro. Risultati soddisfacenti, derivanti soprattutto dal coraggio di investire nell’innovazione a tutto tondo, dagli impianti industriali dei due principali stabilimenti ai sistemi delle energie rinnovabili, dalle attività di promozione alla comunicazione che, spesso sono le ultime voci nel piano di investimento. Sicuramente essere all’avanguardia e competitivi nonostante i tempi duri porta un vantaggio sia a medio che a lungo termine.
Quanto pesa l’export sul fatturato?
L’azienda Brunelli è cresciuta grazie all’export, di cui è la principale fonte vitale. Per diversi decenni gli Stati Uniti sono stati il nostro primo mercato: mio nonno Remo fu, infatti, uno dei primi a esportare Pecorino Romano nell’America del secondo dopoguerra. Successivamente il panorama internazionale ha subito dei cambiamenti e la concorrenza è diventata più forte, così il caseificio si è dovuto adattare alle nuove condizioni ed esigenze, cercando di penetrare in altri mercati. Grazie all’ampliamento aziendale avviato negli anni novanta, con l’acquisizione di nuovi marchi e gli investimenti in qualità e innovazione di prodotto, abbiamo conquistato il mercato nazionale che serviamo, ad oggi, per il 70% circa, aumentando nel contempo le esportazioni in Europa. Stiamo ottenendo buoni risultati in Russia, mentre rimane difficile la penetrazione in Cina, visti i bassi consumi di formaggio da parte della popolazione.
Nel 2011 le vendite di grana padano hanno registrato un boom: com’è andato il comparto relativo al pecorino?
Per quanto riguarda il Pecorino Romano devo fare una valutazione aziendale più che di comparto, in quanto Brunelli – nonostante faccia parte del Consorzio – opera in maniera autonoma. Nel corso del 2011, comunque, il comparto del Pecorino Romano (coinvolgendo una produzione sarda del 90%) ha registrato un calo di vendite di circa il 10%, mentre la nostra azienda (che copre il restante 10% di produzione laziale) ha conquistato nuovi spazi con un evidente incremento di mercato.
Quali sono i principali obiettivi per il 2012?
Proseguiremo con gli investimenti relativi agli ampliamenti industriali per migliorare costantemente l’offerta e il packaging dei prodotti, e ci impegneremo anche nell’adottare soluzioni volte ad abbassare i costi di produzione, cercando di aumentare gli investimenti pubblicitari per dare maggiore visibilità al nostro brand. Nel 2012, inoltre, continueremo a collaborare con la grande distribuzione, incentrando la nostra attività sull’innovazione per offrire referenze nuove che ci permettano di coprire l’intero sell service. Ne è un esempio la linea I Cuoricini, caratterizzata da pezzetti di pecorino a forma di cuore da 2 g, nata per rispondere all’esigenza dei consumatori di acquistare confezioni dal formato più pratico.
Che ruolo riveste il caseificio Brunelli all’interno del Consorzio?
L’azienda Brunelli, fondata a Roma nel 1938, è specializzata principalmente nella produzione di formaggi da latte ovino, dal quale deriva il Pecorino Romano, core product del nostro caseificio, a cui è riconosciuto il marchio Dop. Siamo membri del Consorzio di Tutela del Formaggio Pecorino Romano sin dalla sua nascita, nel 1972, pur avendone preso in parte le distanze per alcune modifiche inserite nel processo produttivo che la nostra azienda non ha mai accettato: prima fra tutte l’introduzione della salamoia nel 1995 in sostituzione della tradizionale salatura a secco che noi tutt’oggi portiamo avanti per non penalizzare il gusto sapido e non salato della referenza. Il parziale allontanamento dal Consorzio è dovuto anche alla nostra volontà di mantenere la pezzatura di 34 kg, al posto dei 26 kg proposti e al rifiuto della nuova “cappatura” neutra anziché nera, secondo tradizione. L’azienda ha impiegato tutte le proprie risorse per proteggere il prodotto e mantenerne la distintività (ne è un esempio la tradizionale stagionatura di 12 mesi, invece dei 5 mesi voluti dal Consorzio), investendo moltissimo nell’innovazione: questo ci ha portato a essere considerati i “superstiti” della svantaggiata produzione romana negli anni.
Come si è concluso il 2011 in termini di fatturato?
Paradossalmente in questa fase di stagnazione generale che non porta auspici positivi, Brunelli ha registrato un incremento del 7% con un fatturato di circa 33 milioni di euro. Risultati soddisfacenti, derivanti soprattutto dal coraggio di investire nell’innovazione a tutto tondo, dagli impianti industriali dei due principali stabilimenti ai sistemi delle energie rinnovabili, dalle attività di promozione alla comunicazione che, spesso sono le ultime voci nel piano di investimento. Sicuramente essere all’avanguardia e competitivi nonostante i tempi duri porta un vantaggio sia a medio che a lungo termine.
Quanto pesa l’export sul fatturato?
L’azienda Brunelli è cresciuta grazie all’export, di cui è la principale fonte vitale. Per diversi decenni gli Stati Uniti sono stati il nostro primo mercato: mio nonno Remo fu, infatti, uno dei primi a esportare Pecorino Romano nell’America del secondo dopoguerra. Successivamente il panorama internazionale ha subito dei cambiamenti e la concorrenza è diventata più forte, così il caseificio si è dovuto adattare alle nuove condizioni ed esigenze, cercando di penetrare in altri mercati. Grazie all’ampliamento aziendale avviato negli anni novanta, con l’acquisizione di nuovi marchi e gli investimenti in qualità e innovazione di prodotto, abbiamo conquistato il mercato nazionale che serviamo, ad oggi, per il 70% circa, aumentando nel contempo le esportazioni in Europa. Stiamo ottenendo buoni risultati in Russia, mentre rimane difficile la penetrazione in Cina, visti i bassi consumi di formaggio da parte della popolazione.
Nel 2011 le vendite di grana padano hanno registrato un boom: com’è andato il comparto relativo al pecorino?
Per quanto riguarda il Pecorino Romano devo fare una valutazione aziendale più che di comparto, in quanto Brunelli – nonostante faccia parte del Consorzio – opera in maniera autonoma. Nel corso del 2011, comunque, il comparto del Pecorino Romano (coinvolgendo una produzione sarda del 90%) ha registrato un calo di vendite di circa il 10%, mentre la nostra azienda (che copre il restante 10% di produzione laziale) ha conquistato nuovi spazi con un evidente incremento di mercato.
Quali sono i principali obiettivi per il 2012?
Proseguiremo con gli investimenti relativi agli ampliamenti industriali per migliorare costantemente l’offerta e il packaging dei prodotti, e ci impegneremo anche nell’adottare soluzioni volte ad abbassare i costi di produzione, cercando di aumentare gli investimenti pubblicitari per dare maggiore visibilità al nostro brand. Nel 2012, inoltre, continueremo a collaborare con la grande distribuzione, incentrando la nostra attività sull’innovazione per offrire referenze nuove che ci permettano di coprire l’intero sell service. Ne è un esempio la linea I Cuoricini, caratterizzata da pezzetti di pecorino a forma di cuore da 2 g, nata per rispondere all’esigenza dei consumatori di acquistare confezioni dal formato più pratico.
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