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La gestione del brand stretching per Aspiag
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La gestione del brand stretching per Aspiag
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Alessandro Caner, area manager di Aspiag (Gruppo Despar) con responsabilità sugli acquisti di prodotti dolciari, ha spiegato a DM il suo punto di vista sulle sempre più numerose iniziative di brand stretching da parte dell'industria dolciaria.
DM - Cosa ne pensa del fenomeno del brand stretching nel comparto dolciario?
AC - Personalmente non ho nulla contro questo fenomeno, a patto che il marchio che si intende estendere a nuove categorie sia compatibile con le stesse. Generalmente questa operazione viene effettuata da aziende già leader nelle categorie storiche che intendono allargare il proprio business su nuovi fronti. Se l'operazione è strategica e inerente al core business, il mercato, la distribuzione e il consumatore possono solo giovarne poiché generalmente la grande industria investe in innovazione e comunicazione sviluppando mercati che magari erano fermi da anni generando nuovi fatturati spesso a margini inizialmente interessanti. Se invece si tratta di un'operazione tattica mirata a occupare spazi che altrimenti verrebbero presidiati da competitor importanti, ci troviamo di fronte solamente a un problema di referenziamenti che spesso vengono risolti in sede di rinnovo contrattuale a colpi di nuove poste.
DM - Ritiene che il consumatore sia particolarmente incline ad accogliere favorevolmente queste iniziative dell'industria?
AC - Penso che al consumatore interessi poco il brand stretching come fattore di marketing, ma sia semplicemente attratto da un nuovo prodotto "garantito" da un marchio leader che dovrà riconfermarsi sul mercato per qualità, posizionamento prezzo, contenuto di servizio e per tutti i parametri che generano il successo di un nuovo item.
DM - Come gestite, sul piano della gestione assortimentale e del display, queste novità?
AC - Per quanto ci riguarda, ogni prodotto viene gestito all'interno delle nostre regole di category management e space allocation senza nessun privilegio per i nuovi articoli che giovano di un brand conosciuto. Generalmente non permettiamo al fornitore di scegliere la categoria in cui inserire un nuovo prodotto ma viene decisa in base alla destinazione d'uso.
DM - Questo crea attriti con i fornitori?
AC - A volte ci troviamo in contrasto con l'industria che preferisce allocare il prodotto a scaffale insieme ai propri già collaudati per usufruire dell'effetto traino. Solitamente riusciamo a trovare un accordo e qualche volta concediamo di posizionare il prodotto su scaffali diversi su una serie di negozi per poi monitorare le performance e decidere insieme la categoria più idonea.
DM - Cosa ne pensa del fenomeno del brand stretching nel comparto dolciario?
AC - Personalmente non ho nulla contro questo fenomeno, a patto che il marchio che si intende estendere a nuove categorie sia compatibile con le stesse. Generalmente questa operazione viene effettuata da aziende già leader nelle categorie storiche che intendono allargare il proprio business su nuovi fronti. Se l'operazione è strategica e inerente al core business, il mercato, la distribuzione e il consumatore possono solo giovarne poiché generalmente la grande industria investe in innovazione e comunicazione sviluppando mercati che magari erano fermi da anni generando nuovi fatturati spesso a margini inizialmente interessanti. Se invece si tratta di un'operazione tattica mirata a occupare spazi che altrimenti verrebbero presidiati da competitor importanti, ci troviamo di fronte solamente a un problema di referenziamenti che spesso vengono risolti in sede di rinnovo contrattuale a colpi di nuove poste.
DM - Ritiene che il consumatore sia particolarmente incline ad accogliere favorevolmente queste iniziative dell'industria?
AC - Penso che al consumatore interessi poco il brand stretching come fattore di marketing, ma sia semplicemente attratto da un nuovo prodotto "garantito" da un marchio leader che dovrà riconfermarsi sul mercato per qualità, posizionamento prezzo, contenuto di servizio e per tutti i parametri che generano il successo di un nuovo item.
DM - Come gestite, sul piano della gestione assortimentale e del display, queste novità?
AC - Per quanto ci riguarda, ogni prodotto viene gestito all'interno delle nostre regole di category management e space allocation senza nessun privilegio per i nuovi articoli che giovano di un brand conosciuto. Generalmente non permettiamo al fornitore di scegliere la categoria in cui inserire un nuovo prodotto ma viene decisa in base alla destinazione d'uso.
DM - Questo crea attriti con i fornitori?
AC - A volte ci troviamo in contrasto con l'industria che preferisce allocare il prodotto a scaffale insieme ai propri già collaudati per usufruire dell'effetto traino. Solitamente riusciamo a trovare un accordo e qualche volta concediamo di posizionare il prodotto su scaffali diversi su una serie di negozi per poi monitorare le performance e decidere insieme la categoria più idonea.
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