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Crai, l’evoluzione passa dall’hubquarter

Crai, l’evoluzione passa dall’hubquarter
Giangiacomo Ibba, Ad Crai

Crai, l’evoluzione passa dall’hubquarter

Information
Armando Brescia e Veronica Fumarola

Con 1.800 punti vendita in 1.150 comuni italiani e oltre 24mila collaboratori, Crai, in cinquant’anni di storia, ha costruito una rete di prossimità basata su persone, relazioni e una costante attenzione alle esigenze delle comunità. E proprio i negozi di vicinato restano al centro di CraiFutura, l’ambizioso piano di sviluppo il cui obiettivo dichiarato consiste nel trasformare il poliedrico Gruppo in un’unica grande azienda.

In occasione dell’evento organizzato per presentare il primo bilancio di sostenibilità, l’ad Giangiacomo Ibba ha presentato le evoluzioni e gli obiettivi del gruppo e come Crai intende rafforzare la capacità operativa della centrale, attraverso il passaggio da headquarter a “hubquarter”.

 

Ci ricorda, per sommi capi, in cosa consiste il piano di sviluppo CraiFutura?

Quando parlo di un’unica grande azienda intendo andare al di là del concetto della ragione sociale. Oggi il nostro sistema, pur essendo a imprenditorialità diffusa e basato su un modello federale, deve comportarsi - e iniziare a inquadrarsi - come un’unica azienda, senza più replicare le funzioni e disperdere energie. Dovevamo definire un luogo adeguato per svolgere le attività e portare avanti i nostri valori e lo abbiamo individuato nell’headquarter Crai che ora è diventato l’hubquarter Crai.

 

Può spiegarci meglio cosa si intende per hubquarter?

Pensiamo che nel percorso evolutivo dell’azienda non debba essere necessariamente l’ufficio di Milano a dover accentrare tutte le decisioni e agire. Può farlo qualunque ufficio e chiunque abbia un expertise nei territori presidiati. L’hubquarter diventa così il luogo di incontro e di scambio per condividere il percorso di crescita, confrontarsi, scambiare idee. Nella struttura aziendale precedente c’era l’uomo della centrale, l’uomo del Ce.di., il nostro imprenditore. Con l’hubquarter chiunque è partecipe della stessa organizzazione al di là della sua entità giuridica. Siamo tutti Crai.

 

Quali saranno (o forse già sono) le differenze rispetto al passato?

Se oggi siamo qui a parlare ancora di Crai è grazie a tutto quello che abbiamo fatto nel nostro passato. Ma ogni percorso industriale ha una fase si sviluppo, di maturità e di declino. Crai è un’azienda matura, con una storia di 50 anni. Se non avessimo iniziato ad approcciare  percorsi di cambiamento, avremmo rischiato il declino. Il nostro cambiamento attuale non è una critica al passato, ma una necessità di innestare un nuovo percorso, che guarda al futuro con una nuova prospettiva. Fino a qualche anno fa eravamo un’organizzazione con livelli stratificati, in cui la visione non era comune, perché l’obiettivo della centrale era produrre servizi, ma non aveva gli strumenti adeguati per capire se questi servizi arrivassero alle periferie e creassero realmente valore agli imprenditori. Nella visione attuale di CraiFutura c’è l’intento di leggere il conto economico di tutta l’organizzazione e il valore che produciamo nel complesso e non singolarmente.

Quali sono le direttrici principali attraverso cui ritenete di intervenire per “traghettare” la vostra organizzazione in una più moderna, efficiente e competitiva realtà della Gdo?

Dobbiamo avere la forza di mettere al centro due asset a mio parere fondamentali per un’azienda retail: i clienti, ovvero le persone che entrano nei nostri negozi, e il cibo. Due fondamentali di cui tutti parlano, ma che non sono mai realmente in primo piano, perché solitamente si propongono modelli di punti vendita basati sulle dimensioni e non sul ruolo o sull’importanza sociale che il singolo negozio ha per le persone che abitano quel determinato territorio. Questo avviene perché tutti identifichiamo la prossimità nei piccoli punti vendita, quando in realtà la prossimità può avere tante sfaccettature e implicazioni diverse.
Partendo da questi presupposti, nostro compito è migliorare la capacità dei nostri negozi di soddisfare i clienti. Il punto vendita è gestito dal singolo imprenditore, che ha bisogno di un modello efficace, che lo aiuti realmente a organizzarlo e condurlo in modo ottimale. Noi come organizzazione, dobbiamo essere bravi a fornire questo modello, definito nei processi produttivi, nella proposta commerciale, negli assortimenti consigliati. E permettere così all’imprenditore di dedicarsi alla conduzione dell’attività e occuparsi delle relazioni con i clienti e i collaboratori, perché se le persone che sono all’interno di un’azienda non sono coinvolte e non si innamorano del progetto, non faranno mai innamorare e affezionare i propri clienti.

 

Per una catena di supermercati alimentare, come ha ricordato, il cibo è il cuore del business, ma ci risulta che la centrale Super Drug di Crai abbia aggregato il cura casa e il cura persona. Come conciliate questi due mondi?

Nel passaggio a CraiFutura abbiamo deciso di dedicare due aziende diverse alla gestione del “food”e del “non food” per non disperdere energie e mantenere il focus sul cibo. Sono imprenditore da più di 25 anni in questo settore ma negli ultimi anni, quando andavo nel mio ufficio acquisti non sentivo parlare di cibo, ma di condizioni, promozioni e sconti. Il vero obiettivo della nostra azienda, quello di proporre cibo ai nostri clienti, era considerato solo un problema di natura economica. E così abbiamo deciso di invertire la rotta, sulla scia delle esperienze positive individuate oltreconfine che, mettendo al centro il cliente e i prodotti, sono riusciti a conquistare quote di mercato.

 

Il vostro Gruppo, analogamente ad altri della distribuzione Organizzata, è per sua natura complesso e frammentato. Nel vostro caso vi è anche una componente drug che riveste un peso significativo. In che misura queste caratteristiche possono rappresentare un ostacolo o addirittura un freno in direzione del raggiungimento dei vostri obiettivi?

C’è un valore enorme nell’imprenditorialità diffusa, che per me può rappresentare un vantaggio competitivo e ci sono i Ce.di, che rappresentano un presidio intermedio all’interno della nostra organizzazione. La nostra strategia è quella di mantenerli, laddove creano un valore nel sistema anche a livello relazionale. Faccio un esempio. Nell’ultimo anno abbiamo visto chiudere da punto di vista operativo una storica cooperativa di Crai della Valtellina: Arcev. Eppure, è rimasta la cooperativa come centro d’ascolto degli imprenditori e luogo di ritrovo per avanzare richieste  all’organizzazione. L’orientamento di Crai, quindi, va in questa direzione. Oltre a perseguire la semplificazione della logistica: non più una logistica micro-territoriale con costi alti di gestione, ma “aggregata”. Un percorso che stiamo portando avanti in Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria e tra la Sardegna e il Lazio.

 

L’evoluzione di CraiFutura sembra andare in direzione di una partnership sempre più stretta tra Centrale e Ce.di. Quali scenari si potrebbero ipotizzare in prospettiva a livello societario: fusioni, compartecipazioni, altro?

La nostra organizzazione sarà sempre governata non dall’”alto” ma dai soci del territorio, che sono e saranno una componente imprescindibile del nostro modello.  Il nostro valore risiede proprio in questo. In un’ottica futura guarderemo meno al singolo bilancio dei Ce.Di. ma condivideremo un progetto strategico a livello aziendale. La prima dimostrazione è arrivata quest’anno, quando abbiamo deciso di iniziare a capitalizzare la nostra organizzazione. Abbiamo portato l’Ebitda da un valore prossimo allo zero a otto milioni di nel 2023 e tra i soci nessuno ha deciso di distribuire i profitti solo nella sua attività, ma di investire sullo sviluppo dell’intera organizzazione Crai.

 

Dopo la centralizzazione di cura casa e persona, surgelati e secco, quali altre categorie ci si deve aspettare che entrino a fare parte di una gestione centralizzata in Crai Secom?

Diciamo che la nostra gestione - più che centralizzata - è coordinata e gestita con equilibrio. Infatti, proprio nei giorni scorsi abbiamo presentato la nuova organizzazione commerciale che prevede una centralizzazione nella gestione delle categorie di cui si occuperanno le persone che operano nel territorio, ma con una gestione unica. Questo modello sarà attuato prima nei tre Ce.di. più grandi e progressivamente coinvolgeremo anche quelli più piccoli.

 

Parliamo di Mdd: quale è e quale sarà il ruolo delle private label all’interno del progetto CraiFutura?

Oggi nei nostri punti vendita la Mdd rappresenta in media il 20% dell’offerta, con punte del 40% in alcuni negozi. Il format Tuttigiorni ci sta permettendo di fare test su alcuni prodotti e format che vorremmo replicare su scala nazionale. Penso che la modernità di un distributore e la sua forza  differenziante si concretizzi nella capacità di gestire i prodotti a marchio. Questo non significa dire no alla marca leader e a chi fa innovazione, ma rendersi conto che oggi non ha più senso un’offerta sovrastimata di prodotti che i non vengono recepiti dai clienti con un reale valore aggiunto. Con la nostra Mdd vogliamo prenderci lo spazio di queste referenze, soprattutto nella prossimità, che deve fare scelte di assortimento piuttosto chiare.

 

E in termini di sviluppo dei format, quali risvolti prevede CraiFutura?

Restiamo concentrati sulla prossimità. Credo che i negozi di vicinato vadano rivisti e declinati per missione e ruolo. Per questo abbiamo definito cluster assortimentali non legati alla dimensione del format, ma all’uso che ne fanno i nostri clienti e al luogo a cui ci rivolgiamo. Abbiamo poi in mente lo sviluppo del format un po’ più grande del nostro modello di prossimità, con Tuttigiorni, e stiamo lavorando in maniera importante sul concetto di convenience store.


Crai Secom ha chiuso il 2023 con risultati positivi: +3,6% delle vendite a rete costante, una crescita dello 0,8% delle vostre Mdd e un totale di circa 3 miliardi di giro d’affari alle casse se si considera nel complesso il vostro Gruppo. Quanto di questi buoni risultati si può già considerare frutto del piano di sviluppo CraiFutura?

Domanda difficile, ma ci auguriamo che sia così. In questo momento ai colleghi in azienda suggerisco di non fissarsi sui dati attuali. In un processo di cambiamento è importante la costruzione di un valore e di una visione a medio-lungo termine. Nell’immediato l’obietto è mantenere il trend facendo in modo che, piano piano, ogni attività produca valore. Abbiamo cambiato il nostro approccio, individuando kpi misurabili e chiari per ogni azione intrapresa, per capirne l’efficacia reale. Perché se è vero che abbiamo un sistema virtuoso, è altrettanto vero che ha un limite: l’imprenditore. Non possiamo obbligarlo a fare, ma possiamo convincerlo. E questo è possibile solo se abbiamo dei numeri che dimostrano risultati positivi delle nostre scelte: una migliore profittabilità e sostenibilità di impresa.

 

Ci sono novità sull’e-commerce?

Il piccolo centro abitato rappresenta per noi una componente fondamentale, ma abbiamo sviluppato la prossimità anche nei quartieri delle più importanti città italiane come Torino, Roma, Napoli. Stiamo ragionando sulla possibilità di offrire il servizio e-commerce Crai-go perché crediamo che portando la spesa a domicilio con un sistema evoluto nelle città di medie dimensioni ci consenta di attirare nuovi clienti. La prossimità è una grande opportunità in questo senso: la vicinanza del luogo da cui parte la spesa ci permette di essere più veloci nel processo, dall’acquisto alla ricezione, ma anche di avere un rapporto più diretto con il cliente. La consegna a domicilio della spesa è una comodità, ma lo è anche la possibilità di interagire facilmente con il punto vendita, che garantisce una migliore relazione personale.

 

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