Il credit crunch insidia le potenzialità di sviluppo delle imprese alimentari
Il credit crunch insidia le potenzialità di sviluppo delle imprese alimentari
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Uno degli effetti più preoccupanti della perdurante crisi economica è la restrizione del credito. Il legame tra il mondo della finanza e quello della produzione è particolarmente stretto nel nostro sistema economico, dove molte aziende sono sottocapitalizzate e trovano come primaria fonte di finanziamento proprio il credito bancario.
L’industria alimentare ne costituisce un esempio: un’analisi svolta dall’Area Agricoltura e Industria alimentare di Nomisma ha messo in luce come in questo settore mediamente il 36% degli asset aziendali sia finanziato da capitale proprio; il resto viene reperito all’esterno.
La necessità di credito, tra l’altro, raggiunge proporzioni maggiori in molti importanti comparti del Made in Italy alimentare, come ad esempio i prodotti da forno, le bevande, i preparati di carne o ancora le conserve vegetali. Sfiducia e restrizione del credito potrebbero quindi seriamente minacciare l’attività di molte imprese di questo settore, oltre che ridurne le opportunità di crescita.
Basti infatti pensare che l’industria alimentare italiana – considerata nel suo complesso – mediamente registra un ritorno sul capitale investito del 7,4%, una percentuale di molto superiore ai tassi attivi a breve praticati alle imprese del settore.
Tale forbice tra l’altro si allarga sensibilmente in molti importanti comparti (dolciario e caffè, lattiero-caseario e pasta) che, oltre a registrare una redditività ampiamente al di sopra della media, registrano nel contempo una discreta posizione in termini di solvibilità finanziaria (le imprese di tali comparti sono indebitate meno della media di settore).
L’industria alimentare ne costituisce un esempio: un’analisi svolta dall’Area Agricoltura e Industria alimentare di Nomisma ha messo in luce come in questo settore mediamente il 36% degli asset aziendali sia finanziato da capitale proprio; il resto viene reperito all’esterno.
La necessità di credito, tra l’altro, raggiunge proporzioni maggiori in molti importanti comparti del Made in Italy alimentare, come ad esempio i prodotti da forno, le bevande, i preparati di carne o ancora le conserve vegetali. Sfiducia e restrizione del credito potrebbero quindi seriamente minacciare l’attività di molte imprese di questo settore, oltre che ridurne le opportunità di crescita.
Basti infatti pensare che l’industria alimentare italiana – considerata nel suo complesso – mediamente registra un ritorno sul capitale investito del 7,4%, una percentuale di molto superiore ai tassi attivi a breve praticati alle imprese del settore.
Tale forbice tra l’altro si allarga sensibilmente in molti importanti comparti (dolciario e caffè, lattiero-caseario e pasta) che, oltre a registrare una redditività ampiamente al di sopra della media, registrano nel contempo una discreta posizione in termini di solvibilità finanziaria (le imprese di tali comparti sono indebitate meno della media di settore).
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