Packaging alimentare, necessario un approccio scientifico
Packaging alimentare, necessario un approccio scientifico
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Pro Food-Gruppo produttori imballaggi per alimenti freschi nel corso della prima giornata di Marca 2025 ha organizzato il convegno “Oltre le apparenze: la sostenibilità del packaging alimentare”, per fare chiarezza in maniera scientifica sull’impatto ambientale dell’ortofrutta confezionata e sulle soluzioni sostenibili per il packaging alimentare per le esigenze ambientali, produttive ed economiche del comparto.
Tra i momenti più significativi del convegno, la presentazione dello studio “Prodotti ortofrutticoli e imballaggi primari: uno studio preliminare su impatto ambientale dal campo alla tavola”, realizzato dal Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino e commissionato da Pro Food. La dottoressa Alice Varaldo ha presentato i risultati di un’analisi dettagliata degli impatti i dell’ortofrutta fresca confezionata, in particolare fragole, pesche nettarine, pomodorini e uva da tavola, con un approccio basato sul life cycle assessment (Lca) considerando tutto il ciclo di vita del prodotto dal campo alla tavola del consumatore.
Lo studio, che ha considerato diversi indicatori d’impatto, tra cui il potenziale di riscaldamento globale, il consumo di suolo e la deplezione delle risorse idriche, ha evidenziato anche le performance ambientali positive dell’imballaggio in rPET (polietilene tereftalato riciclato) rispetto al cartoncino teso ca. «La nostra analisi non si è limitata all’impatto ambientale – ha spiegato la Varaldo – ma ha considerato anche la shelf life dei prodotti. Con l’uso di rPET si registrano minori scarti alimentari rispetto al cartoncino, un aspetto cruciale per una sostenibilità concreta». In merito alla stima dell’impatto ambientale lungo la filiera, la fase di produzione agricola è risultata la più impattante, richiamando la necessità di un approccio integrato per affrontare le sfide ambientali.
Opportunità e sfide per il settore
Il convegno si è concluso con una tavola rotonda che ha visto la partecipazione dei principali attori della filiera: dai consorzi di riciclo ai produttori e confezionatori di alimenti freschi, fino alla grande distribuzione, cha esplorato le opportunità e le sfide per il settore, con una particolare attenzione alla necessità di un approccio scientifico e collaborativo.
Nazario Battelli, rappresentante di Ortofrutta Italia, ha sottolineato il trattamento di sfavore subito dal settore ortofrutticolo nell’ambito del regolamento europeo sugli imballaggi PPWR:
«Il settore dell’ortofrutta fresca, con il suo impatto ambientale tra i più bassi, è stato ingiustamente penalizzato dalla nuova normativa europea. Utilizziamo appena l’1,5% degli imballaggi in plastica per alimenti, ma ci vengono imposti vincoli che non tengono conto delle nostre specificità. L’imballaggio è essenziale per proteggere i prodotti e valorizzarli, garantendo qualità e sostenibilità. Non possiamo ignorare il fatto che, senza un packaging adeguato, rischiamo di compromettere la freschezza e la sicurezza dei prodotti, aumentando lo spreco alimentare e i costi per l’intera filiera».
Claudio Mazzini, Responsabile prodotti freschissimi di Coop, ha ribadito la necessità di equilibrio tra sostenibilità e praticità: «La riduzione della plastica non può avvenire a scapito della qualità dei prodotti o con un aumento dello spreco alimentare. Noi non vendiamo packaging, vendiamo prodotti di qualità che devono essere protetti e valorizzati all’interno del miglior contenitore possibile. Il prodotto confezionato continua a crescere perché i consumatori lo percepiscono come più igienico e pratico, soprattutto dopo il Covid. Non possiamo ignorare l’evoluzione dei sistemi di consumo. Dire che tutto debba essere venduto sfuso è come dire che l’online non deve più esistere perché il furgoncino inquina. Bisogna trovare un sistema affinché il furgone non inquini, non eliminare l’online. Allo stesso modo, dobbiamo trovare soluzioni che siano sostenibili, ma che rispondano alle esigenze del mercato moderno. La sostenibilità non deve ignorare il modo in cui le persone vivono oggi, ma deve integrarsi con questa realtà. Servono proposte concrete che tengano conto del presente e del futuro».
Andrea Campelli, responsabile relazioni esterne di Corepla, ha commentato: «Se vogliamo valutare gli imballaggi in modo corretto, dobbiamo basarci su criteri scientifici che considerino l’intero ciclo di vita di un materiale, dalla produzione al fine vita. Demonizzare la plastica senza analisi approfondite è un errore. L’Italia, con il suo sistema virtuoso di riciclo, è un’eccellenza a livello europeo e mondiale, ma troppo spesso i nostri risultati non vengono valorizzati. Quello che serve è un dialogo concreto tra politica e industria, per definire normative che incentivino le buone pratiche e promuovano soluzioni che funzionino realmente sul lungo termine».
Maria Cristina Poggesi, direttore dell’Istituto per la promozione delle plastiche da riciclo, ha concluso: «L’Italia è leader in Europa nel riciclo delle plastiche, con risultati straordinari come la certificazione 'Plastica Seconda Vita', che garantisce una media del 66% di materiali riciclati nei nuovi prodotti. Tuttavia, questi successi sono spesso ignorati dall’opinione pubblica e dalle istituzioni, mentre il settore combatte contro una narrativa negativa che non rispecchia la realtà. Non esiste un materiale perfetto, ma solo quello più adatto a ogni specifico prodotto. Dobbiamo collaborare tra filiere e basarci su dati scientifici per trovare soluzioni pratiche e sostenibili, valorizzando ciò che già funziona».
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