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Saldi: la partenza è fiacca, ma è presto per un bilancio

Saldi: la partenza è fiacca, ma è presto per un bilancio
Saldi: la partenza è fiacca, ma è presto per un bilancio

Saldi: la partenza è fiacca, ma è presto per un bilancio

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Fabio Massi

La prima settimana di saldi estivi è passata.

Anche se le fonti avvertono che saranno i prossimi week end il vero banco di prova, le prime notizie non sembrano confortanti. Alcuni parlano di “saldi della speranza”.

Sul fine settimana del 2-3 luglio ha pesato il clima caldo, ma con forti temporali, che ha spinto molti a optare per il mare, o la montagna o al contrario, a scegliere di rimanere in casa. I negozi e le boutique hanno registrato un andamento più lento, mentre outlet e centri commerciali, anche grazie a orari prolungati, hanno fatto meglio. In tutti i casi l’avvio è stato contrassegnato da tagli prezzo pesanti, per incoraggiare il pubblico.

Il primo a quantificare è Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) che parla, appunto, di partenza fiacca: "Tanti consumatori per le vie dello shopping e i centri commerciali, ma tra gli utenti ha regnato la prudenza. Anche quest'anno si gira, si osservano le vetrine e si confrontano i prezzi, ma senza corse”.

Diverso l’atteggiamento dei turisti stranieri, che, soprattutto nelle grandi città, hanno dato un aiuto. Quanto ai nostri connazionali, prosegue Codacons, molti stanno ancora valutando cosa comprare e il budget da dedicare, mentre le prime giornate sono servite in prevalenza a monitorare le vetrine.

A monte ci sono le previsioni di spesa. Confcommercio parla di 232 euro a famiglia – 15,5 milioni i nuclei coinvolti - per un totale di 3,6 miliardi di euro, invariato rispetto al 2015. Confesercenti, dal canto suo, è più prudente e si pronuncia per 220 euro.

La convenienza sembra in effetti essere la parola d’ordine – osserva Confesercenti -. Il 53% la indica come fattore determinante. Che si cerchi la qualità o il prezzo, resta comunque protagonista l’abbigliamento leggero. Gli italiani acquisteranno soprattutto presso centri commerciali (31%) e negozianti di fiducia (26%). Il 16% comprerà in saldo in un outlet, mentre si rivolgerà all’online il 5%, la stessa quota di chi cercherà occasioni in un mercatino”.

“I saldi estivi di quest’anno sono un test per la ripresa dei consumi - spiega Roberto Manzoni, presidente di Fismo, l’associazione che riunisce le imprese della distribuzione moda di Confesercenti -. Noi speriamo che arrivi finalmente l’inversione di tendenza, in linea con la piccola ripartenza del potere d’acquisto registrata nel 2015 dall’Istat. Le condizioni ci sono: dagli sconti, anche quest’anno molto elevati, all’arrivo in ritardo dell’estate, che favorisce l’esigenza del ricambio di guardaroba”.

La grande novità è il test per l’uniformazione delle date, che ha coinvolto tutte le Regioni, a parte la Sicilia. Federazione Moda Italia è intervenuta su questo tema, che si collega a un altro più scottante: la liberalizzazione.

“La decisione delle Regioni, a seguito dell’opposta richiesta della grande distribuzione di liberalizzare saldi e vendite promozionali, è frutto di un compromesso e, come tutti i compromessi, non rappresenta la scelta ideale”, dice il presidente di Fmi, Renato Borghi, sulla decisione della Conferenza delle Regioni del 7 luglio di mantenere una data unica dei saldi in tutta Italia (in sostanza, dal 2017 i saldi invernali inizieranno il primo giorno feriale antecedente l’Epifania e i saldi estivi prenderanno avvio il primo sabato di luglio).

“Pur non valutando la soluzione indicata come la migliore determinazione atta a rispondere efficacemente alle richieste avanzate dalla stragrande maggioranza delle nostre imprese multibrand di posticipare il più possibile la data di avvio dei saldi all'effettiva fine stagione – continua Borghi -, apprezziamo però la decisione di confermare il divieto delle vendite promozionali nei mesi di dicembre e giugno e attendiamo ora l’indispensabile accordo tra Conferenza delle Regioni e Anci sull’uniformità dei controlli da parte dei Comuni italiani a garanzia della leale concorrenza e sul pieno rispetto delle norme locali in materia di vendite straordinarie, magari prevedendo sanzioni, in caso di violazioni”.

Liberalizzare le vendite promozionali – conclude Borghi - avrebbe comportato un ulteriore vantaggio per la distribuzione organizzata, “che avrebbe avuto la possibilità di pianificare a settembre e a marzo campagne massificate, con sconti eccezionali a dicembre e giugno”.


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