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Private label: a che punto siamo?

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Redazione
Prosegue il testa a testa fra le grandi marche e le private label. Infatti, ben il 47% degli italiani ritiene che alcune di queste siano superiori ai marchi più famosi e il 64% (37% nel 2010) dichiara che possono essere una valida alternativa ai grandi brand. Ben il 42% degli italiani è disposto a pagare di più per una marca privata di qualità.

Anche il giudizio sulla confezione è decisamente migliorato, tanto che solo il 25% la reputa inadeguata, mentre il 50% pensa che abbia raggiunto gli standard di packaging dei leader. Il 56% della nostra popolazione (23% nel 2010) considera le marche private di qualità assimilabili ai prodotti di marca. In sintesi, la clientela è interessata all’alto livello della proposta commerciale, piuttosto che al marchio famoso.

Sono alcuni dei dati che emergono dalla “Nielsen global survey on private label and premiumization trends” condotta su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, tra i quali l'Italia, tra il 17 febbraio e il 7 marzo 2014.

"Le marche private sono divenute parte integrante degli acquisti dei nostri connazionali. Ciò non è dovuto esclusivamente a un orientamento al risparmio – spiega Giovanni Fantasia, amministratore delegato di Nielsen Italia -, Il consumatore, anche nelle private label, ricerca la qualità. In questo senso, non possiamo leggere tale fenomeno come una minaccia per i marchi tradizionali, bensì come un ampliamento dell'offerta della Gdo”.

“Ne consegue un incremento del traffico sul punto vendita e una sollecitazione del cliente alla propensione all'acquisto, nonostante si stia attraversando il periodo della crisi. In prospettiva, la differenza tra la marca del distributore e quella dell'industria andrà sfumando, e ciò avrà come effetto di rendere il mercato del largo consumo ancora più competitivo e attrente. La diffusione delle private label, insomma, è da considerarsi un punto di non ritorno nella Gdo e un allineamento dell'Italia agli altri Paesi europei".

Dal punto di vista del fatturato, emerge che le marche private rappresentano il 18% del giro d'affari del largo consumo (contro il 13% del 2007), una crescita dovuta alla qualità dell’offerta. Il dato però resta ancora ben lontano da quelli di altre nazioni.

E’ sempre Nielsen a rilevare, nell’annuario internazionale del marchio del distributore per Plma, la rassegna di Amsterdam che rappresenta il maggiore punto di riferimento per il mondo mdd che, nel 2013, “Svezia, Finlandia e Repubblica Ceca hanno superato la soglia del 30% di quota. Il numero di Nazioni che ha toccato questo traguardo è in costante crescita. Il marchio del distributore continua a rappresentare oltre la metà di tutti i prodotti venduti in Svizzera (53%) e Spagna (51%). In cinque casi, Regno Unito (45%), Portogallo (45%), Germania (44%), Belgio (41%) e Austria (40%), la pl totalizza più di quattro referenze vendute su dieci”.

Torniamo alla nostra Penisola. Per il 60% degli italiani le mdd sono migliorate, tant'è che se il 66% le acquista principalmente per risparmiare, il 67% reputa che il rapporto qualità/prezzo sia ottimo. In Italia solo il 36% degli intervistati considera i prodotti a marchio privato rivolti a chi ha un budget ridotto, in linea con l'opinione di Paesi quali Germania (39%) e Gran Bretagna (37%). Diversa è invece l'opinione dei consumatori dell'Est, come Bulgari e Rumeni, che considerano ancora le PL come beni per chi si trova in ristrettezze economiche (60% delle risposte).

Migliore qualità vuole dire anche riuscire a legare a sé il consumatore: il 41% degli intervistati in Italia dichiara di essere fedele al prodotto di marca e in misura uguale (40%) sostiene di essere fedele alla marca privata. Ciò è dovuto, fra l’altro, alle iniziative intraprese dalla Gdo, che ha creato differenziazioni di qualità e quindi di prezzo delle private (premium, core e primo prezzo) e di assortimento (base, green, prodotti locali ecc.). Le linee premium rappresentano il 18% del fatturato totale di marca privata, contro il 44% dei prodotti "primo prezzo".

Il 70% degli italiani ritiene importante, a parità di qualità, ottenere il prodotto al prezzo migliore. Per questo motivo il 22% del venduto in private label è costituito da prodotti spinti dalle promozioni, a fronte di un 29% del totale beni di largo consumo.

Le categorie merceologiche che vedono il maggiore investimento del consumatore nelle marche dei distributori sono quelle del fresco e dei surgelati (26% di fatturato della categoria) e della cura casa (22%). Seguono gli alimentari confezionati (16%) e, a distanza, i prodotti per la cura della persona (11%) e le bevande (9%).

Un'ulteriore motivazione alla base dell'orientamento verso le marche private è, come accennato, il rapporto fiduciario consolidato con le insegne della Gdo: il 55% del campione ha dichiarato che acquista private label solo nei supermercati preferiti, e il 61% di voler vedere su tutte le confezioni dei prodotti il marchio d’insegna.

La ricerca mette anche a fuoco il trend di sviluppo delle private label. Da questo punto di vista, il 51% degli italiani sostiene che comprerebbe più prodotti private label se fosse disponibile maggiore varietà.

E' nei Paesi dell'Est che tale richiesta emerge maggiormente, con percentuali superiori al 60%, a fronte delle difficoltà economiche che hanno investito tali realtà. La risposta dei distributori dovrebbe essere dunque migliorativa, incrementando, in queste aree geografiche, assortimento e visibilità delle marche private.
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