Alla fine hanno alzato la voce per farsi sentire. Le principali associazioni del mondo del largo consumo - Federdistribuzione, Centromarca, Indicod-Ecr - sono ricorse alla pubblicazione di annunci a tutta pagina sui più diffusi quotidiani nazionali per stigmatizzare la loro contrarietà al presunto aumento dell’Iva sui beni di consumo nell’ambito degli interventi previsti dalla manovra economica 2012-2014 allo studio da parte del Governo.

Manovra che rappresenta una vera gatta da pelare per il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, schiacciato da un lato dalla necessità di mantenere in ordine i conti e di centrare il pareggio di bilancio entro il 2014, come promesso alla Ue; dall’altro dalle richieste sempre più insistenti (specie dopo gli sfavorevoli esiti delle elezioni amministrative e dei referendum) di ridurre la pressione fiscale. Insomma, siamo alle prese con la classica copertina troppo corta.

La ventilata ipotesi di sostituire il minore gettito Irpef con un aumento delle aliquote Iva in modo indiscriminato (che non riguardasse quindi solo beni di lusso, ma anche quelli di prima necessità) ha fatto però andare su tutte le furie gli operatori della distribuzione moderna. Industria produttrice e Gdo, una volta tanto, si sono unite per contestare una scelta che avrebbe conseguenze nefaste su livelli di consumo ancora “convalescenti”. Come non dare loro ragione?

Il presidente di Centromarca Luigi Bordoni aveva espresso già a suo tempo le fortissime preoccupazioni da parte delle industrie di marca sulle voci ricorrenti di un possibile aumento dell’Iva sui beni di consumo. «Sarebbe un provvedimento dannoso non solo per il nostro comparto – aveva dichiarato -, ma in generale per la crescita dell’economia italiana, che passa necessariamente attraverso il rilancio dei consumi». Parole ribadite e sintetizzate nel titolo dell’annuncio pubblicato la scorsa settimana: «+Iva – Consumi – Crescita».

Dello stesso tenore le dichiarazioni ufficiali di Indicod-Ecr che ha parlato senza mezzi termini di «un provvedimento che colpisce la spesa delle famiglie», individuando chiaramente i tre mali prodotti dall’eventuale aumento dell’imposta sul valore aggiunto: «aumento dei prezzi, minori consumi, freno alla crescita». Persino più duro l’intervento di Federdistribuzione.

L’associazione che raggruppa le principali insegne della Gdo, per bocca del presidente Giovanni Cobolli Gigli, ha liquidato l’aumento dell’Iva come «una follia per i consumi». «Se ciò avvenisse – ha chiarito Cobolli Gigli - per il consumatore finale significherebbe un esborso rilevante per acquistare gli stessi prodotti o gli stessi servizi. Una follia per l’Italia, che contribuirebbe a un’ulteriore contrazione dei consumi».

Da parte delle varie associazioni si è invece cercato in coro di mettere l’accento sulla necessità di interventi che li rilancino i consumi. A cominciare dalle liberalizzazioni tanto sbandierate e mai decollate. Maggiore libertà nella vendita di carburanti, di prodotti farmaceutici, negli orari e nei giorni di apertura. Solo per fare qualche esempio legato al mondo della distribuzione moderna. Ma questa volta per davvero.