Disappunto di Confimprese per il doppio sciopero proclamato da commessi e cassiere di Milano e provincia per il 25 aprile e il 1° maggio.

«In tempi di crisi e di cassa integrazione – afferma il presidente Mario Resca – i negozi devono restare aperti anche nelle feste comandate: la recessione morde i consumi, il 54% degli italiani compra solo l’essenziale, mentre il 30% acquista meno in assoluto. Nei punti vendita i nostri associati utilizzano tutti gli strumenti del marketing mix, incluse le promozioni (la pressione promozionale è arrivata al 28,9% in marzo), per sostenere i volumi di vendita.

“Decidere di tenere aperti i negozi è una scelta che il retailer compie consapevolmente non solo per la sostenibilità del negozio, ma anche per mantenere i posti di lavoro, che in un momento di crisi così acuta potrebbero anche andare incontro a una drastica riduzione.

“Nell’abbigliamento, per esempio, le domeniche valgono il 23% del totale ingressi contro il 10% del lunedì e mercoledì, l’8% del martedì, l’11% del giovedì, il 12% del venerdì. In generale di domenica l’indice di conversione è al 23%: rinunciare alla aperture festive sarebbe, dunque, un’occasione mancata per il commercio. In particolare per Milano, che da tempo è città di destinazione turistica culturale, congressuale, di business. Chiudere i negozi – conclude Resca - significa allontanare i turisti da Milano e non tenere in considerazione nemmeno le esigenze dei milanesi che rimangono in città».

Ricordiamo che lo scorso anno la feste della Liberazione e dei lavoratori avevano già procurato ampie polemiche fra aziende e sindacati, polemiche che erano sfociate addirittura in velate accuse di fascismo verso le imprese. Nella bagarre, altrettanto velatamente, era intervenuta in precedenza addirittura la Santa Sede, sottolineando il valore sacro del riposo domenicale.