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Saldi in grave perdita per sette negozi su dieci

Saldi in grave perdita per sette negozi su dieci
Saldi in grave perdita per sette negozi su dieci

Saldi in grave perdita per sette negozi su dieci

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Luca Salomone

di Luca Salomone

Non è un Paese per piccoli, verrebbe da dire, leggendo i dati di Fismo, l’associazione di Confesercenti che rappresenta i dettaglianti della moda, la quale ha tirato un bilancio dei saldi invernali, che si avviano ormai alla conclusione.

È andata decisamente male, almeno per i negozi tradizionali inseriti in contesti urbani, a causa di temperature troppo alte, e che non hanno di sicuro incentivato la vendita di capi invernali.

Circa 7 imprese su 10 segnalavano, in oltre un mese dall'inizio, una contrazione media del 21 per cento, o anche superiore, dovuta non solo ai fattori climatici, ma anche alla perdita di appeal sul pubblico dei saldi medesimi, ‘diluiti’ dalla mancanza di regole sulle promozioni e dal conseguente boom di offerte, soprattutto online.

Una distorsione concorrenziale che, secondo la confederazione, svantaggia soprattutto le imprese minori, portando via, ai negozi classici, ben 3 miliardi di euro di vendite all’anno.

«Il problema oggi non è più solo di concordare le date: occorre prendere atto che i saldi, come attualmente regolamentati, costituiscono un istituto agonizzante – commenta Benny Campobasso, presidente di Fismo Confesercenti -. La distribuzione tradizionale, nei negozi fisici, dei prodotti appartenenti al settore moda è da sempre stata considerata un fiore all’occhiello del made in Italy. Tuttavia, alla luce di varie situazioni contingenti, che sono venute a realizzarsi nell’ultimo decennio, il settore versa in uno stato di profonda crisi. Solo nel 2023 per ogni nuova impresa che ha aperto, altre quattro hanno cessato l’attività».

Campobasso ha poi sottolineato che esiste ormai una vera bulimia da sconto: promozioni, sottocosto, liquidazioni, offerte speciali, temporary shop, black friday, boxing days... «Sono iniziative che, inevitabilmente, annullano l’impatto delle vendite di fine stagione e sottraggono quote di mercato alla rete di vicinato. La cultura dell’acquisto vantaggioso, o presunto tale, è stata infatti sposata dai consumatori e le regole di fatto sono ormai saltate».

Una posizione di parte? Molto probabile, ma di certo il concetto del saldo stagionale sembra, ormai, non avere più alcun senso, come non ha senso piangere poi sulla desertificazione commerciale dei nostri centri urbani.

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