Saldi in difficoltà nel’indagine condotta da Swg su consumatori e imprese per conto di Confesercenti e pubblicata sul blog della Confederazione. Se quasi la metà degli italiani, il 48%, ha approfittato degli sconti invernali per fare acquisti, soprattutto vestiti e calzature, la spesa media pro capite, nei primi 20 giorni, è stata di 118 euro, una cifra al di sotto delle aspettative di 3,3 punti.

L’indagine evidenzia come i flussi di clienti si siano concentrati soprattutto nelle prime due settimane, durante le quali sono stati effettuati il 35% degli acquisti.
Durante il primo mese di saldi gli italiani hanno acquistato soprattutto maglieria (il 33%), ma anche calzature (22%), pantaloni o gonne (19%), camiceria (6%), intimo (3%), mentre il restante 8% ha comprato accessori o altri prodotti.

La frenata della spesa delle famiglie è stata nettamente avvertita dalle imprese: il 34% degli imprenditori intervistati segnala vendite in calo rispetto allo scorso anno, contro appena un 10% che registra un andamento migliore sul 2018.

Un rallentamento destinato a pesare sui conti del commercio, visto che i saldi invernali costituiscono il 14% circa del fatturato annuale complessivo.

Fra gli imprenditori inizia a rilevarsi il desiderio di una revisione della disciplina della durata dei saldi: tre su dieci vorrebbero vedere almeno dimezzato il periodo attuale di 60 giorni. Giudizio articolato anche sulla data di partenza: il 12% ritiene che il 2 gennaio sia troppo presto per iniziare le vendite di fine stagione, mentre il 21% la vorrebbe anticipare.

“La frenata nella capacità di spesa degli italiani in occasione dei saldi invernali colpisce e conferma la situazione di incertezza e precarietà delle famiglie che tendono quindi a risparmiare – spiega Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti -. Sicuramente a incidere è anche la mancanza di lavoro, come certificato dai dati dell’Istat e, non ultima, la possibilità prevista dalla manovra di lasciare libertà agli enti locali di poter aumentare i tributi, un elemento che infiamma gli animi e preoccupa. Se gli acquisti frenano – prosegue – si innesca un circolo vizioso, in quanto i consumi interni diminuiscono, la produzione rallenta, a fronte di uno scenario internazionale che non è positivo perché noi, in Europa, siamo il Paese che soffre di più. Sono tutti segnali molto allarmanti. I saldi poi necessitano di nuove regole. La categoria chiede da tempo una riduzione del periodo dei saldi che è troppo lungo, 60 giorni e non è più appetibile con la miriade di iniziative che si sono prese nel corso degli anni, anche importando modelli dall’estero, come con il Black Friday”.

“Inoltre – conclude De Luise – aver anticipato le date così tanto, al 2 gennaio, non va bene. I saldi erano nati come vendite di fine stagione: ora hanno perso appeal. Bisognerebbe tornare alla data naturale, a fine stagione. Nel caso dei saldi invernali questo anticipo influisce sempre di più anche sulle vendite del periodo natalizio: gli acquisti personali vengono rimandati perché i saldi iniziano durante il periodo delle feste e si droga il mercato. Tra l’altro la differenziazione temporale dei saldi a seconda delle regioni non aiuta”.