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In Italia e' presto per scommettere su Internet
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In Italia e' presto per scommettere su Internet
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Secondo un’analisi di Boston Consulting Group, pubblicata oggi dal “Sole 24 Ore” Internet potrà dare veramente una mano nel futuro sviluppo dell’economia. Bcg ha così elaborato l’e-intensity index, che tiene conto del peso della rete nei conti di un determinato Paese.
Emergono in vetta alla classifica i Paesi cosiddetti “nativi digitali” in cui cioè la rete è completamente incardinata nelle abitudini sia della popolazione, sia delle aziende. Si tratta rispettivamente di Corea del Sud, Danimarca, Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Giappone e Norvegia. Viene poi il pattuglione dei “forti operatori”, fra i quali ricordiamo, in testa, Norvegia, Finlandia, Stati Uniti, Hong Kong e molti altri.
La nostra Italia, purtroppo, si qualifica soltanto fra i “Paesi pigri”, e viene in coda a tutti le altre nazioni sviluppate d’Europa per la propensione all’”essere digitali”.
In effetti, nel corso del 2010, il Belpaese ha totalizzato 32 miliardi di euro dovuti al web, pari all’1,9% del Pil, con una quota consistente del totale rappresentata però dall’acquisto di beni e servizi (55%).
Come incidenza sul prodotto interno lordo hanno fatto molto meglio il Regno Unito (7,2%), la Svezia (7,2%), ma anche la Repubblica Ceca (3,6%).
In questa situazione – l’indice elaborato tiene conto anche degli investimenti sulla rete, come quello pubblicitario – è difficile pensare che almeno per ora la telematica possa dare una vera spinta al nostro sistema produttivo e distributivo.
Emergono in vetta alla classifica i Paesi cosiddetti “nativi digitali” in cui cioè la rete è completamente incardinata nelle abitudini sia della popolazione, sia delle aziende. Si tratta rispettivamente di Corea del Sud, Danimarca, Svezia, Gran Bretagna, Olanda, Giappone e Norvegia. Viene poi il pattuglione dei “forti operatori”, fra i quali ricordiamo, in testa, Norvegia, Finlandia, Stati Uniti, Hong Kong e molti altri.
La nostra Italia, purtroppo, si qualifica soltanto fra i “Paesi pigri”, e viene in coda a tutti le altre nazioni sviluppate d’Europa per la propensione all’”essere digitali”.
In effetti, nel corso del 2010, il Belpaese ha totalizzato 32 miliardi di euro dovuti al web, pari all’1,9% del Pil, con una quota consistente del totale rappresentata però dall’acquisto di beni e servizi (55%).
Come incidenza sul prodotto interno lordo hanno fatto molto meglio il Regno Unito (7,2%), la Svezia (7,2%), ma anche la Repubblica Ceca (3,6%).
In questa situazione – l’indice elaborato tiene conto anche degli investimenti sulla rete, come quello pubblicitario – è difficile pensare che almeno per ora la telematica possa dare una vera spinta al nostro sistema produttivo e distributivo.
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