Mentre il mondo trattiene il fiato per la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che ora sembra in sicurezza, dopo il folle bombardamento dell'armata di Putin, il retail prende posizione contro la Russia.

In Belgio Colruyt e Delhaize hanno deciso di sospendere la vendita di prodotti di questa nazione, che però si limitano a un paio di referenze, tra cui la più importante è la vodka, mente in Germania, dove gli articoli del Paese aggressore sono più popolari, Aldi, Rewe ed Edeka hanno tolto dagli scaffali una quarantina di referenze.

Il gesto, oltre che una forma di simbolico boicottaggio, è funzionale alle prevedibili difficoltà nell’approvvigionamento di queste merceologie.

Più forti, anche se legati alla pressione dell’opinione pubblica svedese, le azioni di H&M e Ikea, che hanno deciso di chiudere, per il momento, tutti i propri negozi. Nel caso del colosso dei mobili ad abbassare la saracinesca sono 17 grandi superfici, mentre H&M, primo nel mondo a mobilitarsi, ha rinunciato a quello che è il suo settimo mercato nel mondo, con 600 milioni di euro di vendite 2020 e a una rete di 155 punti di vendita (dati Statista).

Arrivano anche gli aiuti. Ikea, tramite la propria fondazione, ha stanziato 37 milioni di euro per i profughi ucraini, mentre Gruppo Schwarz ha preso contatto con diverse organizzazioni umanitarie locali e ha deciso di donare, attraverso Lidl e Kaufland, prodotti per un valore complessivo di 10 milioni di euro: alimenti a lunga conservazione, articoli per l'igiene, tessili e altri beni di prima necessità.

Decisioni simili sono poi arrivate da gran parte delle multinazionali di ogni settore, a partire dall'alta moda e dall'alimentare, che via, via, stanno chiudendo i propri uffici e attività sul suolo russo, anche per proteggere i propri dipendenti.