Seconda e penultima giornata per Eire, il salone milanese dell’immobiliare commerciale, con 507 operatori protagonisti fra cui 80 enti pubblici e 86 società di investimento internazionali. Ma l’aria che tira non è delle migliori: l’impatto della Imu sui grandi patrimoni edilizi e la contrazione delle nuove aperture, sebbene parzialmente compensata dalle ristrutturazioni, gettano ombre lunghe.

“La presenza e il rinnovato interesse degli investitori internazionali nei confronti dell’Italia sono dati di fatto – ha spiegato ieri il presidente di Eire, Antonio Intiglietta -. Tuttavia perché quest’attenzione si possa concretizzare sono necessarie alcune condizioni. Non basta, infatti, esprimere le potenzialità del patrimonio immobiliare, ma fare in modo che questi progetti siano presentati al mercato come opportunità trasparenti e reali. Serve, inoltre, la certezza di procedure e tempi amministrativi così come condizioni strutturali, a costo zero, per far correre il processo di valorizzazione del patrimonio immobiliare”.

Proprio agli investitori esteri si è rivolto anche il Ministro delle Infrastrutture, il pidiellino Maurizio Lupi: “E’ necessario che il Governo incontri i fondi internazionali per ascoltare le loro esigenze, intraprendendo così politiche sul territorio, senza commettere l’errore di ricadere nel localismo”. Lupi, inoltre, ha proposto la strada verso “una pianificazione non più frammentata per funzioni e competenze. Deve essere trasparente e aperta al contributo attivo e propositivo dei privati. Mirata alla qualificazione dell’esistente più che al consumo di suolo”. “Il Real Estate – ha aggiunto il ministro – è una delle principali vie per il rilancio dell’economia. Eire è fra le manifestazioni di massimo interesse per il Governo”.

Quello che lascia veramente di “sasso”, come si suol dire, è che mentre Lupi pronunciava parole di incoraggiamento e di sincera preoccupazione, un altro dicastero, quello dello Sviluppo Economico, retto da Flavio Zanonato de Pd, l’uomo della chiusura dei negozi al sabato, rilasciava sul web il proprio “Rapporto sul sistema distributivo”, con dati aggiornati al 31 dicembre 2011, confrontati con le cifre del 2010. Una fotografia già preoccupante, ma – senza neppure entrare nel merito –per forza inadeguata rispetto all’appesantimento drastico dei successivi 18 mesi. Se gli strumenti di cui dispone il nostro Esecutivo sono solo delle retrospettive, essi non sono certo idonei a pianificare il rilancio.