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Caramelle: dopo Nestlé lascia anche la svedese Cloetta

Caramelle: dopo Nestlé lascia anche la svedese Cloetta
Caramelle: dopo Nestlé lascia anche la svedese Cloetta

Caramelle: dopo Nestlé lascia anche la svedese Cloetta

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Redazione

Cloetta potrebbe lasciare l’Italia.

A darne notizia sono, fra gli altri la testata online inglese confectionerynews.com e il ‘Corriere della Sera’. Il giornale britannico riporta la dichiarazione del portavoce ufficiale della multinazionale svedese, Jacob Broberg: “La situazione macroeconomica del Paese – ha spiegato Broberg – è cambiata da tempo e ha condotto, negli ultimi anni, a un calo delle vendite di Cloetta Italia”.

Il gruppo, che da noi vuole dire Sperlari, Galatine, Dietor, Dietorelle, Saila, Dondi, ha consolidato la propria presenza nella Penisola soprattutto a partire da giugno 2013, quando è stata perfezionata la fusione con Leaf International che allora era, appunto, proprietaria anche della storica azienda dolciaria cremonese, fondata nel 1836 dall'artigiano pasticcere Enea Sperlari.

Un comunicato della casa madre conferma che “Cloetta ha avviato una revisione strategica di Cloetta Italia. Come conseguenza di questa situazione, è stata stimata la necessità di una svalutazione attribuibile a Cloetta Italia per un valore di 771 milioni di corone svedesi (80,9 milioni di euro) ante imposte e 594 milioni di corone svedesi (62,3 milioni di euro) al netto delle imposte. La revisione strategica di Cloetta Italia è finalizzata a migliorare la crescita e i margini di Gruppo Cloetta e potrebbe anche includere la potenziale uscita dal business in Italia. Nel 2016 le vendite di Cloetta Italia ammontano approssimativamente a 750 milioni di corone (78,7 milioni di euro)”.

La notizia, dopo la cessione, in giugno, del ramo caramelle di Nestlé Italia (Rossana, Fondenti, Glacia, Fruttallegre, Lemoncella e Spicchi) all’astigiana Fida(marchi Bonelle, Sanagola, Charms, Gocce, Tenerezze, Gnammy e Le Irresistibili) dimostra che molte cose stanno cambiando nel mercato italiano del confectionery, piuttosto amaro per le multinazionali e invece dolce per gli operatori nazionali specializzati.

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