di Luca Salomone

Mercati e mercatini si svuotano, non di clienti ma di operatori. In due anni (2020-2022), le imprese del commercio su aree pubbliche sono passate da oltre 176 mila a poco più di 162 mila, per un calo totale di 14 mila attività (-7,9%), al ritmo di circa 19 operatori spariti al giorno.

La denuncia di Anva

A lanciare l’allarme è Anva, l’associazione che riunisce le imprese del commercio ambulante Confesercenti, che ha presentato al Ministero per le imprese ed il made in Italy il dossier “Mercati appesi a un filo”.

Il calo riguarda tutti i settori merceologici: particolarmente rilevanti i crolli delle imprese ambulanti di prodotti alimentari e bevande, che flettono del 4,7%, per una riduzione totale di oltre 1.500 attività.

Ancora peggio per i prodotti tessili: una tipologia un tempo centrale nei mercatini e che, invece, negli ultimi due anni lascia sul terreno oltre 6.200 imprese (-9,4%).

Giù anche gli operatori di arredamenti per giardino, tappeti, casalinghi e piccoli elettrodomestici/materiale elettrico (-6,7%) e le attività che commerciano ‘altri prodotti’ (-4mila imprese).

Tiene solo la ristorazione

Le uniche attività in controtendenza sono quelle inerenti alla ristorazione ambulante che in questi due anni mettono a segno una crescita del 13,2%.

La riduzione delle imprese del commercio ambulante è dovuta non solo all’aumento delle chiusure, ma anche al rallentamento delle nuove aperture.

Nel 2022 queste sono state solo 4.088 e, nel 2021, 6.009. Numeri lontanissimi dai livelli del 2012 (13.962 aperture) e dei primi anni del decennio passato (nel 2015 erano state 15.076).

Particolarmente preoccupante è la tendenza discendente con un calo del 32% tra 2021 e 2022. Se il trend si mantenesse constante, già nel 2025 non ci sarebbero più nuove iscrizioni.

E tuttavia, negli ultimi 12 mesi, il 36% degli intervistati – pari a oltre 13 milioni di italiani – ha fatto la spesa presso un mercato giornaliero, mentre il 79% – circa 28,7 milioni – ha acquistato presso un mercatino settimanale. Un totale di 40 milioni di clienti.

Meno di un italiano su dieci – il 9% – dichiara infatti di non aver usufruito dei servizi del commercio su aree pubbliche.

Un vuoto normativo

Il 32% frequenta i mercati ogni settimana e il 9% due o più volte ogni sette giorni. Il 23% due volte al mese, e il 15% una volta al mese. E solo il 21% compra dalle imprese del commercio su aree pubbliche meno di sei volte l’anno. Insomma, calano gli operatori ma la volontà dei consumatori di acquistare e frequentare i mercati resta alta.

A spingere verso i mercati ed i mercatini italiani è la percezione di trovare offerte favorevoli (82% degli intervistati), un elemento che, in un’epoca di alta inflazione, è ancora più sentito. Forte è anche la sensazione che i prodotti siano di qualità maggiore (64%). Tra i pregi dei banchi, anche la varietà di scelta, qualità condivisa molto o abbastanza dall’87% degli intervistati, e l’esperienza dello shopping tra i banchi (88%).

«I dati sono allarmanti e rassicuranti allo stesso tempo. Rassicuranti perché gli italiani amano ancora mercati e mercatini, dove trovano servizio e anche convenienza. Allarmano, invece, i segnali di cedimento della rete del commercio su aree pubbliche, a partire dalle tante imprese sparite. Un fenomeno – spiega il presidente di Anva Confesercenti, Maurizio Innocenti – dovuto a diversi fattori: innanzitutto lo shock della pandemia, che però si è sommato alle fragilità preesistenti causate dall’incertezza di natura normativa. Un nodo che da oltre 10 anni non è mai stato sciolto: il recepimento della direttiva Bolkestein è del 2010 e ad oggi, 2023, aspettiamo una soluzione che dovrebbe arrivare con il Ddl Concorrenza (nel quale è prevista una modifica, ndr). L’inclusione dei mercati nel made In Italy ci lascia sperare in una ripartenza degli investimenti nelle strutture e sulla sicurezza. Il nostro auspicio è di avere, ora, un quadro di certezze che possa dare avvio al rilancio del comparto».