di Emanuele Scarci

Carrello della spesa più pesante e scontrino più leggero. La crisi politica non vanifica l’annuncio di metà luglio del ministro Renato Brunetta, quello di un taglio dell’Iva sui prodotti di base.
Il Governo sta valutando la possibilità di azzerare l’Iva su pane e pasta e ridurla dal 10 al 5% su carne e pesce. Lo ha confermato la vice ministra dell’Economia Laura Castelli: “E’ un piano concreto e eventualmente alternativo o aggiuntivo al bonus di 200 euro. Si stanno valutando i costi di entrambe le misure e soprattutto quali siano le più impattanti sulla vita degli italiani, interverremo in questo senso nel decreto di luglio“. Quindi a fine settimana o, al più tardi, la prima di agosto.

La proposta di marzo

Una riduzione dell’Iva sui prodotti nel carrello della spesa era stata lanciata a marzo, con una pagina intera sui quotidiani, da Gs1 Italy (in accordo con Federdistribuzione), un organismo tecnico che sviluppa gli standard più utilizzati al mondo per la comunicazione tra imprese.
L’obiettivo è quello di aiutare soprattutto le famiglie a basso reddito, ma anche ridefinire l’elenco dei beni che rientrano nell’aliquota agevolata del 5/10%.

Per farlo si dovrebbe utilizzare l’extragettito dell’Iva generato da un’inflazione nel carrello arrivata all’8,3% su base annuale (Istat). Ad oggi l’aliquota massima su beni e servizi di largo consumo è del 22%.
La legge Ue dà ai Paesi membri la possibilità di applicare aliquote ridotte a partire dal 5% a massimo 24 categorie di prodotti.

La lista è contemplata dalla stessa direttiva ed elenca beni e servizi che già godono di aliquota agevolata, tra il 5 e il 10%: gli alimentari innanzitutto, ma anche l’erogazione dell’acqua, i farmaci, gli apparecchi medici, i servizi di trasporto, i libri e i giornali.