«Il rinvio del voto del Consiglio europeo sullo stop al 2035 per i motori endotermici (Ice) per auto e veicoli commerciali leggeri è il segno che il buon senso si va facendo strada anche tra le istituzioni comunitarie, dove trova sempre più spazio la convinzione che legare l’obiettivo della decarbonizzazione alla sola trazione elettrica – dimenticando i carburanti rinnovabili – non è logico sul piano tecnico-ambientale e mette a rischio la sostenibilità sociale ed economica, senza togliere di fatto dalle strade i veicoli più inquinanti (e potenzialmente più pericolosi per l’assenza dei dispositivi di sicurezza già oggi di serie)».

Lo ha dichiarato Massimo Artusi, vice presidente di Federauto, con delega ai Trucks&Van, commentando la cancellazione del voto dall’ordine del giorno del Consiglio europeo.

«La decisione, tuttavia», ha ricordato Artusi, «è soltanto rinviata. Il che vuol dire che nulla è ancora definitivamente deciso e che il pragmatismo che è emerso negli ultimi giorni - per l’apprezzabile impegno del Governo italiano – non ha ancora finito di misurarsi con una posizione ideologica mono-tecnologica che finora sembrava procedere con il vento in poppa.».

«Colpisce in queste reazioni», ha continuato il vice presidente di Federauto, «la sostanziale assenza, tra le motivazioni a sostegno del ’solo elettrico’, di argomentazioni sull’effettiva efficacia degli obiettivi per la decarbonizzazione, l’uso di assiomi tutt’altro che dimostrati e il richiamo a paure e rischi al fine di evitare la discussione e non di approfondire la materia. Il focus viene posto solo su questioni di metodo, ossia che ormai l’industria ha fatto la propria parte, investendo su questa tecnologia e che quindi ora l’Unione Europea e gli Stati membri devono fare la loro, fissando scadenze più “sfidanti” possibili e definendo sostanziosi sostegni pubblici per gli investimenti in infrastrutture per le ricariche e in acquisto dei veicoli elettrici. Magari prevedendo un massiccio piano di investimenti come quello varato negli Usa da John Biden (peraltro tacciato di protezionismo dai produttori europei di automobili, ma anche di quelli giapponesi e sudcoreani)».

«Ma l’Europa non sono gli Stati Uniti», ha sottolineato Artusi «e lo stiamo vedendo proprio in questi giorni con la riscoperta - quasi improvvisa - della praticabilità di sistemi di alimentazione a impronta carbonica neutra (se non in alcuni casi addirittura a saldo favorevole), come i biocarburanti, il biometano e gli e-fuel, sui quali sono proprio, rispettivamente, l’Italia e la Germania ad aver concentrato i loro investimenti, non essendo invasivi né sulla catena di produzione e di distribuzione delle fonti di alimentazione né sul sistema produttivo».