Ci saranno pure infiltrazioni malavitose ed estremisti della politica a fomentare il blocco dell’autotrasporto condannato anche da alcune importanti associazioni del settore che temono sfugga tutto loro di mano. Resta il fatto che la protesta ha radici lontane, legate a condizioni di precarietà del lavoro e di eccessiva offerta di mezzi sul mercato per una domanda di trasporto in riduzione a causa della crisi dei consumi. È su questo che si è abbattuto l’ultimo forte aumento del prezzo del gasolio che sembra la classica goccia che fa traboccare il vaso.

E dire che di recente l’autotrasporto aveva ricevuto altri 400 milioni di euro di aiuti per sostenere i pedaggi autostradali e le accise sui carburanti. Aiuti che non solo le migliaia di padroncini, ma anche le imprese strutturate che offrono servizi logistici già non ritengono più sufficienti come appare dalla voce “fuel charge”, il sovrapprezzo che alcuni autotrasportatori stanno cercando di applicare ai listini come da una decina d’anni fanno i corrieri espresso che hanno inserito la voce nelle fatture del trasporto aereo che richiede enormi quantità di carburante.

I loro clienti, quelli dei corrieri espresso, davanti alla “fuel charge” non hanno quasi battuto ciglio perché hanno marchi planetari, sono imprese solidissime e potenti con, in questo settore, il coltello dalla parte del manico. Ma la richiesta di una “fuel charge” da parte dei tanti padroncini italiani, che sembrano un’eredità del passato, difficilmente verrà accolta per la loro debolezza imprenditoriale.

Il fatto è che se ai padroncini, che oggi bloccano le grandi vie di comunicazione, in un domani più o meno vicino si sostituiranno grandi imprese di autotrasporto, come quelle che dominano i mercati del Nord Europa, con queste ultime la “fuel charge” potrebbe passare. E i costi del trasporto potrebbero salire di molto. Catene del largo consumo e industrie fornitrici sono avvisate.