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Agrifood: vetrina e supporto per l’agroalimentare
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Agrifood: vetrina e supporto per l’agroalimentare
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Accende il focus sul made in Italy alimentare ed è in grado sia di organizzare l’incontro fra domanda e offerta che di proporsi come integratore di sistema, grazie a una serie di servizi a valore aggiunto. Stiamo parlando di Agrifood, la rassegna dedicata alle piccole e medie aziende alimentari. Con Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, abbiamo analizzato i caratteri distintivi della fiera, i risultati conseguiti e i programmi futuri.
Che cosa differenzia Agrifood dalle altre fiere settoriali?
Agrifood punta sul prodotto e sui servizi, declinandosi in tre sezioni mirate. Ad aziende medio-grandi con buona capacità competitiva, a realtà artigianali con prodotti di alta qualità e a consorzi e collettive regionali è riservata la parte commerciale Agrifood Expo. Agrifood Show è l’area destinata alla presentazione e all’interpretazione dei prodotti a cura di grandi chef, mentre Agrifood Team rappresenta lo spazio dei contenuti, in cui i momenti di formazione e networking sono realizzati per e con le aziende e il pubblico degli operatori. La nuova formula di Agrifood - che prevede workshop su comunicazione, marketing, internazionalizzazione, nuovi canali distributivi, financing e copertura dei rischi - arriva in una fase molto importante per il settore alimentare italiano, che nel 2006 evidenzia un fatturato di 110 miliardi di euro, in crescita del 2,8% sul 2005, ed esportazioni in aumento del 10%.
Qual è stata sino ad oggi la risposta del mercato a livello di partecipazione e gradimento?
Non è possibile fare confronti, in quanto la seconda edizione ha configurato un totale cambiamento rispetto alla precedente. A prescindere dal successo di entrambe, in due anni lo scenario si è evoluto, mettendo la filiera agroalimentare italiana di qualità di fronte alla necessità di diventare un sistema più competitivo. E’ la concorrenza internazionale che lo impone, perché alle imprese nazionali non basta il prestigio del made in Italy all’estero per dirsi vincenti. Altri, infatti, guadagnano di più dall’immagine dei nostri prodotti, visto che il mercato mondiale delle imitazioni è stimato in 50 miliardi di euro, contro i 16,7 del nostro export alimentare nel 2006.
Come avete impostato la strategia fieristica verso il mercato internazionale?
Il nuovo assetto di Agrifood prevede strumenti e servizi di cui le imprese agroalimentari possono beneficiare per affrontare meglio la concorrenza estera. La fiera si propone anche come vetrina commerciale dove incontrare operatori specializzati provenienti dai mercati di maggiore interesse e a più alto potenziale, invitati attraverso azioni mirate. A sottolineare la vitale importanza attribuita al mercato internazionale saranno presenti delegazioni di buyer da Germania, Svizzera, Austria, Gran Bretagna, Francia, Ungheria, Polonia, Giappone e Usa.
Può indicarci qualche novità che renderà la rassegna ancora più propositiva?
Oltre alle giornate di formazione - la cui partecipazione è riservata in via preferenziale agli espositori - Agrifood offrirà, in una fase successiva al workshop, la possibilità per ciascuna azienda di ottenere la consulenza di un partner di alto livello, personalizzata e su tematiche mirate.
Che cosa differenzia Agrifood dalle altre fiere settoriali?
Agrifood punta sul prodotto e sui servizi, declinandosi in tre sezioni mirate. Ad aziende medio-grandi con buona capacità competitiva, a realtà artigianali con prodotti di alta qualità e a consorzi e collettive regionali è riservata la parte commerciale Agrifood Expo. Agrifood Show è l’area destinata alla presentazione e all’interpretazione dei prodotti a cura di grandi chef, mentre Agrifood Team rappresenta lo spazio dei contenuti, in cui i momenti di formazione e networking sono realizzati per e con le aziende e il pubblico degli operatori. La nuova formula di Agrifood - che prevede workshop su comunicazione, marketing, internazionalizzazione, nuovi canali distributivi, financing e copertura dei rischi - arriva in una fase molto importante per il settore alimentare italiano, che nel 2006 evidenzia un fatturato di 110 miliardi di euro, in crescita del 2,8% sul 2005, ed esportazioni in aumento del 10%.
Qual è stata sino ad oggi la risposta del mercato a livello di partecipazione e gradimento?
Non è possibile fare confronti, in quanto la seconda edizione ha configurato un totale cambiamento rispetto alla precedente. A prescindere dal successo di entrambe, in due anni lo scenario si è evoluto, mettendo la filiera agroalimentare italiana di qualità di fronte alla necessità di diventare un sistema più competitivo. E’ la concorrenza internazionale che lo impone, perché alle imprese nazionali non basta il prestigio del made in Italy all’estero per dirsi vincenti. Altri, infatti, guadagnano di più dall’immagine dei nostri prodotti, visto che il mercato mondiale delle imitazioni è stimato in 50 miliardi di euro, contro i 16,7 del nostro export alimentare nel 2006.
Come avete impostato la strategia fieristica verso il mercato internazionale?
Il nuovo assetto di Agrifood prevede strumenti e servizi di cui le imprese agroalimentari possono beneficiare per affrontare meglio la concorrenza estera. La fiera si propone anche come vetrina commerciale dove incontrare operatori specializzati provenienti dai mercati di maggiore interesse e a più alto potenziale, invitati attraverso azioni mirate. A sottolineare la vitale importanza attribuita al mercato internazionale saranno presenti delegazioni di buyer da Germania, Svizzera, Austria, Gran Bretagna, Francia, Ungheria, Polonia, Giappone e Usa.
Può indicarci qualche novità che renderà la rassegna ancora più propositiva?
Oltre alle giornate di formazione - la cui partecipazione è riservata in via preferenziale agli espositori - Agrifood offrirà, in una fase successiva al workshop, la possibilità per ciascuna azienda di ottenere la consulenza di un partner di alto livello, personalizzata e su tematiche mirate.
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