di Emanuele Scarci

"Abbiamo un obiettivo molto chiaro: diventare leader della salumeria non solo di bovino e non solo stagionata, ma di tutto quello che riguarda prodotti di alta qualità a filiera certificata”: ha le idee chiare Claudio Palladi, amministratore delegato di Rigamonti ed ex top manager di Grandi salumifici italiani, Bolton Alimentari e Nostromo.

Rigamonti ha il suo core business nella bresaola Valtellina Igp e in tutte le sue varianti (carne 100% italiana, di equino, tacchino, carpaccio) ma produce anche speck, cotto, pancetta e roast beef. Nel 2020 ha realizzato ricavi per 135 milioni.

Il Consorzio della bresaola valtellinese ha registrato un calo a volume dell’8,8%. “Noi abbiamo contenuto la contrazione al 4,5% – sottolinea Palladi –. Oggi su 700 tonnellate di carne italiana disponibile ne lavoriamo 500, pari al 4% della nostra produzione, ma sono convinto che, grazie alla sinergia avviata con Coldiretti, sarà possibile superare le mille tonnellate. Tra le novità a cui stiamo lavorando c'è anche la valorizzazione della filiera della Fassona piemontese, che arriverà sul mercato entro fine anno. Con la messa a regime di questa filiera entro il 2023 arriveremo a preparare con carne italiana il 10% delle 60 mila bresaole prodotte ogni settimana".

Rigamonti ha in atto investimenti di 35 milioni in 3 anni nella produzione. Dove esattamente?

Stiamo costruendo uno stabilimento col massimo d’artigianalità e il massimo di automazione per evitare la fatica. Oggi abbiamo 3 stabilimenti in Valtellina: a Mazzo, dove si fa la qualità e si taglia la carne. Poi siamo a Poggiridenti e a Montagna, in affitto dalla famiglia Rigamonti, che abbandoneremo quando sarà pronto il nuovo sito, sempre a Montagna. Per la bresaola faremo stagionatura, sezionamento, affettamento e distribuzione fisica. Poi affiancheremo altri salumi di filiera italiana del suino e dell’avicolo e altri prodotti tracciabili a sostenibilità garantita. Questa è la nostra visione nei prossimi 5 anni, alla fine dei quali il fatturato sarà di 250 milioni.

Come ci arriverete?

Abbiamo diversi tavoli aperti: ci sono diverse aziende alle prese con cambi generazioni e limiti di crescita. Noi non abbiamo nostre produzioni da difendere e siamo interessati a queste aziende, sempre che abbiano prodotti di qualità. Nella fascia dai 15 ai 30 milioni ci sono diverse aziende interessanti. E una di questa taglia l’anno riusciamo a digerirla.

La controllante Jbs vi fornirà le risorse?

Sul conto corrente abbiamo 27 milioni, ma abbiamo anche un azionista dalle spalle larghe che negli ultimi 2 anni ha sottoscritto un aumento di capitale di 5 milioni e uno di 7. Jbs, che realizza gran parte dei ricavi negli Usa, investe sull’Italia e non utilizza l’Italia per fare profitti.