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Kimbo riparte con una crescita dei ricavi a due cifre

Mario Rubino, presidente di Kimbo

Kimbo riparte con una crescita dei ricavi a due cifre

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Emanuele Scarci

Caffè lungo per Kimbo. Nei primi 4 mesi del 2024 realizza una crescita dei ricavi (al netto dei bandi pubblici Agea) del 15% a 54,5 milioni di euro. Il balzo del fatturato riguarda tutti i canali commerciali, «a riprova del successo delle politiche di marketing» dichiara la società napoletana.

Lo scorso anno Kimbo ha cambiato la guida dell’azienda (è uscito dopo 3 anni il ceo Roberto Grasso) e dal secondo semestre ha avviato una strategia di recupero della performance. Presidente è Mario Rubino (nella foto).
Il quadro complessivo del caffè rimane però negativo, soprattutto per le quotazioni record raggiunte dal caffè crudo sui mercati internazionali. In Italia, nel primo trimestre di quest’anno le vendite complessive sono salite del 3,5% ma con una contrazione dei volumi del 3,1%. In particolare, il macinato è scivolato di oltre il 7% a volume e di circa il 2% a valore. In positivo invece il caffè monoporzionato (capsule e cialde), il cui valore ha superato il 50% delle vendite.

Cambia l’offerta

La strategia dell’azienda della famiglia Rubino (con 5 grandi azionisti) è quella di semplificare l’offerta e cercare nuovi segmenti di mercato poco presidiati. Tuttavia uno dei problemi di Kimbo è di aumentare i margini, infatti dalla scorsa estate ha avviato una revisione dei listini di vendita e dell’intensità promozionale con l’intento di allineare i prezzi ai contesti competitivi e ai costi di approvvigionamento.
Nel 2023 il bilancio civilistico di Kimbo segnala ricavi per 193 milioni (172 nel precedente esercizio), un Ebitda di 6,5 milioni (4,3 milioni) e una perdita di 3,3 milioni (4,3 milioni). Il debito netto rimane molto contenuto: è salito da 3,3 milioni a 5,6 milioni. A fronte di un patrimonio netto di circa 85 milioni. La crescita del 12% del fatturato è arrivata soprattutto dai maggiori volumi commercializzati in Italia, soprattutto capsule e cialde. L’export, che incide per poco più del 20% del fatturato, ha tenuto le quote nella Ue (+4%) ma ha ceduto in Nord America (-6%).  

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