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Marco Brunelli dice addio a Mediobanca
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Marco Brunelli dice addio a Mediobanca
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“Con riferimento all'Accordo per la partecipazione al capitale di Mediobanca si comunica che nel termine del 30 settembre 2013 sono pervenute le seguenti disdette, aventi efficacia al 31 dicembre 2013: Gruppo Groupama per complessive n. 42.430.160 azioni (4,93% del capitale sociale); Gruppo Assicurazioni Generali per complessive n. 17.201.061 azioni (2% del capitale sociale); Italmobiliare limitatamente a n. 9.068.992 azioni (1,05% del capitale sociale); Marco Brunelli n. 1.365.000 azioni (0,16% del capitale sociale).
“Per effetto di quanto sopra, a partire dal 1° gennaio 2014, la percentuale vincolata all'Accordo (Patto di sindacato) si ridurrà dall'attuale 38,19% al 30,05% del capitale sociale.
Di conseguenza, l'Accordo per la partecipazione al capitale di Mediobanca si è automaticamente rinnovato per altri due anni a decorrere dal 1°gennaio 2014 e sino al 31 dicembre 2015 tra partecipanti che non hanno dato disdetta nel termine del 30 settembre 2013”.
Fino a qui la nota ufficiale. Ma cosa ha spinto il padrone di Unes e di Iper La grande I a dire addio al salotto buono di Piazzetta Cuccia? Può darsi che l’uscita in massa dimostri che oggi essere parte di Mediobanca, che per tanti anni ha governato le sorti finanziarie del Paese, non sia più tanto importante. Può darsi…
In effetti Brunelli aveva fatto il suo ingresso fra i pattisti nell’ormai lontano 2004, insieme a imprenditori del calibro di Diego della Valle, Vittorio Merloni e altri, nel cosiddetto “Gruppo B”, ossia quello composto dai privati, i cui protagonisti rimangono ora Benetton (2,16%), Pirelli (1,83%), Italmobiliare (1,57%) e Fininvest (1%).
Ma, come documenta Affaritaliani.it , fino dal 1996 Marco Brunelli si era anche avvicinato a Cassa depositi e prestiti, per una serie di azzeccate operazioni finanziarie. In seguito, marzo 2013, l’amicizia con Cdp, titolare di Fondo strategico Italiano aveva facilitato la cessione allo stesso Fsi di un’importante fetta di Finiper, pari al 20%, che aveva portato nelle casse del gruppo della gd una somma che sarebbe quantificabile in un centinaio di milioni di euro, destinati a nuovi investimenti e operazioni di sviluppo.
“Qualche intoppo “tecnico” (si è parlato di difficoltà nella definizione dello scorporo degli immobili non strumentali) ha peraltro fatto slittare il closing, inizialmente atteso per la fine di luglio, forse anche a causa del momento non brillante del settore che per altri analisti può aver reso difficile “monetizzare” la quota – si legge nell’analisi di Affari Italiani -. Il fatto che Brunelli abbia deciso di svincolare la propria partecipazione in Mediobanca (che alle attuali quotazioni di Borsa vale poco meno di 8 milioni di euro) potrebbe indicare che in attesa di definire l’accordo con Fsi l’imprenditore è pronto a fare nuove mosse, magari un’acquisizione”?
In effetti nel mirino di Finiper, secondo questa fonte, ci sarebbero, almeno potenzialmente, parecchi acquisti interessanti, a cominciare da alcune catene locali. Dall’altro lato dobbiamo osservare che proprio trattandosi di un gruppo storico, composito, importante, 8 milioni da investire non sono poi molti, dunque rimangono sul tappeto parecchi interrogativi, che permettono anche di pensare alla semplice dismissione di una partecipazione non strategica.
Staremo a vedere come si muoverà ora il “grande vecchio” della gd italiana, colui che insieme a Bernardo Caprotti ha contribuito all’ideazione di quella Esselunga che è oggi una leggenda della distribuzione italiana.
“Per effetto di quanto sopra, a partire dal 1° gennaio 2014, la percentuale vincolata all'Accordo (Patto di sindacato) si ridurrà dall'attuale 38,19% al 30,05% del capitale sociale.
Di conseguenza, l'Accordo per la partecipazione al capitale di Mediobanca si è automaticamente rinnovato per altri due anni a decorrere dal 1°gennaio 2014 e sino al 31 dicembre 2015 tra partecipanti che non hanno dato disdetta nel termine del 30 settembre 2013”.
Fino a qui la nota ufficiale. Ma cosa ha spinto il padrone di Unes e di Iper La grande I a dire addio al salotto buono di Piazzetta Cuccia? Può darsi che l’uscita in massa dimostri che oggi essere parte di Mediobanca, che per tanti anni ha governato le sorti finanziarie del Paese, non sia più tanto importante. Può darsi…
In effetti Brunelli aveva fatto il suo ingresso fra i pattisti nell’ormai lontano 2004, insieme a imprenditori del calibro di Diego della Valle, Vittorio Merloni e altri, nel cosiddetto “Gruppo B”, ossia quello composto dai privati, i cui protagonisti rimangono ora Benetton (2,16%), Pirelli (1,83%), Italmobiliare (1,57%) e Fininvest (1%).
Ma, come documenta Affaritaliani.it , fino dal 1996 Marco Brunelli si era anche avvicinato a Cassa depositi e prestiti, per una serie di azzeccate operazioni finanziarie. In seguito, marzo 2013, l’amicizia con Cdp, titolare di Fondo strategico Italiano aveva facilitato la cessione allo stesso Fsi di un’importante fetta di Finiper, pari al 20%, che aveva portato nelle casse del gruppo della gd una somma che sarebbe quantificabile in un centinaio di milioni di euro, destinati a nuovi investimenti e operazioni di sviluppo.
“Qualche intoppo “tecnico” (si è parlato di difficoltà nella definizione dello scorporo degli immobili non strumentali) ha peraltro fatto slittare il closing, inizialmente atteso per la fine di luglio, forse anche a causa del momento non brillante del settore che per altri analisti può aver reso difficile “monetizzare” la quota – si legge nell’analisi di Affari Italiani -. Il fatto che Brunelli abbia deciso di svincolare la propria partecipazione in Mediobanca (che alle attuali quotazioni di Borsa vale poco meno di 8 milioni di euro) potrebbe indicare che in attesa di definire l’accordo con Fsi l’imprenditore è pronto a fare nuove mosse, magari un’acquisizione”?
In effetti nel mirino di Finiper, secondo questa fonte, ci sarebbero, almeno potenzialmente, parecchi acquisti interessanti, a cominciare da alcune catene locali. Dall’altro lato dobbiamo osservare che proprio trattandosi di un gruppo storico, composito, importante, 8 milioni da investire non sono poi molti, dunque rimangono sul tappeto parecchi interrogativi, che permettono anche di pensare alla semplice dismissione di una partecipazione non strategica.
Staremo a vedere come si muoverà ora il “grande vecchio” della gd italiana, colui che insieme a Bernardo Caprotti ha contribuito all’ideazione di quella Esselunga che è oggi una leggenda della distribuzione italiana.
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