Attenzione alla parole: lo dice la Commissione europea e lo ripete lo Stato francese, in due circostanze che, tutto sommato, fanno rima. Ma andiamo con ordine....

Nel mirino di Bruxelles, per cominciare è finita Remilk, la startup israeliana che sta ultimando, in Danimarca, uno stabilimento di 70.000 mq dove si produrrà “latte” senza mucche, cioè realizzato in laboratorio (leggi altro articolo di Distribuzione moderna). L’autorità federale si è mossa a seguito di un’interrogazione dell’eurodeputata Mara Bizzotto (Lega).

Parola di commissario

È stato ribadito, e ampliato, quanto già stabilito, in prima battuta nel 2017 dal Parlamento europeo, a proposito di una serie di bevande a base vegetale, ossia che il termine ‘latte’ è vietato nelle denominazioni commerciali - così come le parole yogurt, burro e formaggio - se abbinato a prodotti non animali.

Questa la risposta ufficiale di Janusz Wojciechowski, Commissario per l’agricoltura: «La Commissione è a conoscenza dello sviluppo di tecnologie quali la fermentazione di precisione per l’elaborazione di prodotti di origine animale. La Commissione non si oppone allo sviluppo di nuove tecnologie per la produzione alimentare, purché siano conformi alle norme dell’Ue, in particolare le norme in materia di sicurezza alimentare e di commercializzazione. I prodotti menzionati dall’onorevole deputata (quelli di Remilk appunto, ndr.) non possono essere commercializzati nell’Ue come latte o prodotti lattiero caseari, dato che, ai sensi del regolamento 1308/20132, il “latte” è esclusivamente il prodotto della secrezione mammaria normale, ottenuto mediante una o più mungiture, senza alcuna aggiunta, o sottrazione. Dai registri non risulta che l’azienda citata dall’onorevole deputata abbia ricevuto sovvenzioni agricole nel 2021 o nel 2022».

Si fa presto a dire polpette

Ma nelle norme comunitarie esiste una contraddizione, sottolineata in modo incessante e per giunta confermata, nel 2020, dal Parlamento europeo: per i prodotti non zootecnici si possono usare vocaboli come hamburger, polpetta, salsiccia, ragù e così via.

Nessuna nazione si è mai mobilitata... almeno fino a un paio di settimane fa, quando la Francia ha pubblicato, sul Journal Officiel del 29 giugno, un decreto che vieta, a partire dal 1° ottobre, l’uso di parole come steak, lardon (pancetta), saucisse ecc. per i prodotti vegetali. È consentita la vendita dei lotti già prodotti, fino a esaurimento scorte e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.

“Una battaglia di trasparenza”, come la definisce Parigi, che sarà portata, nelle intenzioni, in tutti gli altri Stati comunitari. Intanto però l'Evu, l'unione vegetariana europea, ha già presentato un esposto alla Commissione di Bruxelles...

E così il lungo scontro, sia esso di correttezza commerciale, di proprietà linguistica o di interessi, o di tutte e tre le cose insieme, prosegue e tanti capitoli di questo vero ‘feuilleton’ sono ancora da scrivere.