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AssoDistil: inaccettabile aumento accise, no all'accanimento fiscale
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AssoDistil: inaccettabile aumento accise, no all'accanimento fiscale
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L'associazione degli industriali critica fortemente l'aumento dell'imposta sull'alcol, previsto a partire dal prossimo 10 ottobre, con successivi rincari dal 1° gennaio 2014. Nel complesso, la tassazione crescerebbe di quasi il 30%.
“Un accanimento che non ha nulla di terapeutico e che porterà alla chiusura di decine di piccole e medie aziende della distillazione”. Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil, commenta così la decisione del governo Letta di puntare sull'aumento dell'imposta sull'alcol per reperire la copertura finanziaria del Decreto scuola e della cancellazione dell'Imu.
L'incremento delle accise sull'alcol partirà già dal 10 ottobre. “In pratica, il comparto subirà aumenti a più riprese nel giro di poco tempo - avverte il leader dei distillatori - dopo quello di ottobre, ci sarà un ulteriore rialzo dal 1° gennaio 2014, seguito da un altro scatto nel 2015. Nel complesso, si tratta di un aumento di quasi il 30%: un peso insostenibile anche per settori più solidi di quello distillatorio”. Anche perché, a norma di legge, le accise devono essere improrogabilmente versate entro il 16 del mese successivo all’immissione in consumo del prodotto, accrescendo così gli attuali problemi di liquidità delle imprese.
“Ci chiediamo che fine abbia fatto quella politica di contenimento delle spese, nota ai più come spending review - aggiunge Emaldi –. visto che il governo sembra voler insistere su una crescita delle tasse. Eppure, ricorda il presidente di AssoDistil, “proprio la Ragioneria di Stato, lo scorso giugno, su richiesta del governo Letta in funzione della copertura indicata in Parlamento nel disegno di legge sugli esodati della scuola, aveva stilato un parere sfavorevole all'inasprimento dell'imposta, evidenziando gli effetti regressivi sul settore in un momento di crisi come quello attuale e, al contrario, il probabile emergere di consumi illegali, privi dei necessari controlli sanitari, legati a fenomeni di contrabbando”.
Per giunta, i conti pubblici dimostrano l'inutilità di tali provvedimenti. I dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze attestano che a partire dall’ultimo aumento dell’accisa nel 2006, si è registrato un progressivo calo dei consumi e del relativo gettito annuo medio, culminato con la riduzione del 22,4% nel 2012 e di un ulteriore 6% rispetto al 2011. “Al presidente del Consiglio Emaldi – stigmatizza il numero uno dei distillatori – abbiamo spiegato in una lettera che, addirittura, nel 2012 si è raggiunto il 'minimo storico' delle entrate derivanti dall’accisa sulle bevande alcoliche e, a fine giugno, si è registrata un’ulteriore flessione delle entrate (-5,4%), corrispondente ad una riduzione di 12 milioni di euro”.
L'aumento delle accise avrà quindi un solo effetto accertato: colpire le aziende di un settore peraltro già messo a dura prova dalla crisi degli ultimi anni. “E' un provvedimento iniquo e ingiusto – conclude il presidente Emaldi – che danneggia un comparto rappresentativo dell'agroalimentare italiano. Pur rimanendo disponibili al confronto con le istituzioni, non siamo però più disposti ad accettare operazioni di 'accanimento fiscale', per giunta del tutto inutili dal punto di vista del gettito”.
“Un accanimento che non ha nulla di terapeutico e che porterà alla chiusura di decine di piccole e medie aziende della distillazione”. Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil, commenta così la decisione del governo Letta di puntare sull'aumento dell'imposta sull'alcol per reperire la copertura finanziaria del Decreto scuola e della cancellazione dell'Imu.
L'incremento delle accise sull'alcol partirà già dal 10 ottobre. “In pratica, il comparto subirà aumenti a più riprese nel giro di poco tempo - avverte il leader dei distillatori - dopo quello di ottobre, ci sarà un ulteriore rialzo dal 1° gennaio 2014, seguito da un altro scatto nel 2015. Nel complesso, si tratta di un aumento di quasi il 30%: un peso insostenibile anche per settori più solidi di quello distillatorio”. Anche perché, a norma di legge, le accise devono essere improrogabilmente versate entro il 16 del mese successivo all’immissione in consumo del prodotto, accrescendo così gli attuali problemi di liquidità delle imprese.
“Ci chiediamo che fine abbia fatto quella politica di contenimento delle spese, nota ai più come spending review - aggiunge Emaldi –. visto che il governo sembra voler insistere su una crescita delle tasse. Eppure, ricorda il presidente di AssoDistil, “proprio la Ragioneria di Stato, lo scorso giugno, su richiesta del governo Letta in funzione della copertura indicata in Parlamento nel disegno di legge sugli esodati della scuola, aveva stilato un parere sfavorevole all'inasprimento dell'imposta, evidenziando gli effetti regressivi sul settore in un momento di crisi come quello attuale e, al contrario, il probabile emergere di consumi illegali, privi dei necessari controlli sanitari, legati a fenomeni di contrabbando”.
Per giunta, i conti pubblici dimostrano l'inutilità di tali provvedimenti. I dati del Ministero dell'Economia e delle Finanze attestano che a partire dall’ultimo aumento dell’accisa nel 2006, si è registrato un progressivo calo dei consumi e del relativo gettito annuo medio, culminato con la riduzione del 22,4% nel 2012 e di un ulteriore 6% rispetto al 2011. “Al presidente del Consiglio Emaldi – stigmatizza il numero uno dei distillatori – abbiamo spiegato in una lettera che, addirittura, nel 2012 si è raggiunto il 'minimo storico' delle entrate derivanti dall’accisa sulle bevande alcoliche e, a fine giugno, si è registrata un’ulteriore flessione delle entrate (-5,4%), corrispondente ad una riduzione di 12 milioni di euro”.
L'aumento delle accise avrà quindi un solo effetto accertato: colpire le aziende di un settore peraltro già messo a dura prova dalla crisi degli ultimi anni. “E' un provvedimento iniquo e ingiusto – conclude il presidente Emaldi – che danneggia un comparto rappresentativo dell'agroalimentare italiano. Pur rimanendo disponibili al confronto con le istituzioni, non siamo però più disposti ad accettare operazioni di 'accanimento fiscale', per giunta del tutto inutili dal punto di vista del gettito”.
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