Anicav nel corso dell’annuale appuntamento “Il filo rosso del pomodoro” ha sottolineato l’importanza di una filiera coesa, il primo passo per migliorare la produttività e ridurre i costi di produzione.
Infatti, risultati di una campagna di trasformazione del pomodoro particolarmente lunga e complessa e una serie di criticità che pesano negativamente sull’ efficienza e sulla redditività: dalla gestione della governance di filiera fino all’avvento sui mercati internazionali di paesi competitor che, pur non riguardando il mercato domestico, rischia di sottrarre quote di mercato all’export delle conserve rosse italiane.
Il dibattito è scaturito dalla presentazione dello studio condotto da The European House – Ambrosetti, per conto di Anicav, dal titolo: “Disegnare il futuro: sfide e opportunità per la filiera del pomodoro”.
“L'annuale assemblea pubblica di Anicav è l’occasione ideale per riflettere, insieme alle Istituzioni e a tutti gli attori coinvolti nella filiera del pomodoro da industria, sugli scenari attuali, sulle criticità a cui dobbiamo far fronte e sulle strategie da mettere in atto per guardare al futuro con fiducia– dichiara il presidente di Anicav, Marco Serafini –. Il primato di assoluta qualità che i nostri prodotti made in Italy hanno conquistato nel corso dei decenni resta saldo; tuttavia, è necessario soffermarsi con attenzione sui cambiamenti in corso, in particolare sull’ingresso di nuovi paesi produttori che, pur non potendo garantire lo stesso livello qualitativo, puntano sulla leva del prezzo e rischiano di sottrarci quote di mercato importanti”.
“Nel lungo periodo – rimarca Serafini – questa situazione potrebbe creare difficoltà, considerando che il nostro comparto è fortemente orientato all’export. Per prevenire questi rischi sarà quindi indispensabile rendere più efficiente l’intera filiera, così da ridurre i costi senza intaccare la qualità, intervenendo su temi specifici. Ad esempio, la corretta gestione delle risorse idriche, ambito sul quale il Masaf ha annunciato proprio in questi giorni importanti interventi, dando ascolto alle nostre richieste; al divieto da parte dell’Ue di utilizzare alcuni agrofarmaci e fertilizzanti, che incide negativamente sulle rese agricole e ci pone in una posizione di svantaggio rispetto a paesi che non sono soggetti alle stesse limitazioni; e, ancora, al forte impatto del sistema Ets, che impone standard su emissioni e consumi senza eguali nel mondo, senza tenere adeguatamente conto della stagionalità del nostro lavoro. Sono questioni complesse, sulle quali dobbiamo confrontarci insieme per individuare soluzioni concrete”.
Tra i temi trattati nel corso del “Filo rosso del pomodoro” figura, quindi, la governance di filiera, che risulta ancora non pienamente efficace, con un dialogo spesso faticoso tra parte agricola e industriale. L’interprofessione fatica a esprimere tutto il suo potenziale e la presenza di Op piccole e frammentate, soprattutto nel Bacino Centro Sud (se ne contano 32, rispetto alle 12 Op del Nord), limita la capacità di programmazione e di concentrazione dell’offerta, indebolendo il potere negoziale complessivo del sistema.
Inoltre, si è parlato del prezzo della materia prima e delle tensioni lungo la filiera: Il pomodoro destinato alla trasformazione viene pagato agli agricoltori italiani il prezzo più alto al mondo, a fronte, secondo Anicav, di forti oscillazioni e dinamiche talvolta speculative. Questo genera tensioni lungo la filiera, con il rischio di compromettere la competitività dell’industria, in particolare nel Mezzogiorno, dove i margini sono strutturalmente più ridotti. Nello specifico, il costo del pomodoro è cresciuto del +50% negli ultimi quattro anni, con picchi del +67% al Sud.
Nel bacino produttivo del Sud Anicav rileva un tessuto industriale frammentato: molti stabilimenti sono dimensionati sulle esigenze del mondo agricolo più che sulle logiche industriali, con una capacità produttiva frammentata e difficoltà a sfruttare appieno le economie di scala. Ciò pesa su chi deve confrontarsi con una Gdo che esercita una pressione sempre maggiore nei confronti dei propri fornitori.
“Uno dei temi centrali è quello della governance della filiera e della necessità di migliorare la relazione tra parte agricola e parte industriale – continua il direttore generale di Anicav, Giovanni De Angelis –. Serve quindi un dialogo più costruttivo, mettendo al centro del processo di rinnovamento l’interprofessione, che va però ripensata nel suo perimetro di competenze e nel modello operativo, in particolare nel bacino Centro Sud. In questo scenario complesso, gli accordi quadro restano lo strumento imprescindibile per una corretta programmazione. Solo così possiamo pensare di contrastare l’evidente calo delle rese agricole e l’aumento dei costi di produzione, per poi puntare a distribuire in maniera più equilibrata il valore lungo tutta la filiera, garantendone la competitività. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, soprattutto se consideriamo che il prezzo pagato in Italia dall’industria di trasformazione agli agricoltori per la materia prima è da sempre il più alto al mondo”.
A tutto questo si aggiunge che le imprese devono operare in un contesto normativo europeo stringente su agrofarmaci e fertilizzanti. La mancanza di alternative rischia di ampliare il divario competitivo rispetto ai Paesi che non sono soggetti agli stessi vincoli e che possono produrre a costi inferiori. Anche sulla questione delle emissioni, il sistema Ets ha innalzato l'obiettivo di riduzione, generando un impatto economico negativo su un settore caratterizzato da una forte stagionalità. Quello del pomodoro trasformato è l’unico comparto agroalimentare italiano a rientrare in questi obblighi.
Il cambiamento climatico, poi, espone il settore a eventi estremi e disomogenei tra Nord e Sud, mentre le infrastrutture idriche risultano ancora incomplete o in ritardo, come nel caso di dighe e collegamenti strategici. Questa situazione si traduce in incertezze sulla disponibilità d’acqua, con impatti diretti su rese, quantità e qualità delle produzioni agricole. A fronte di questo il Masaf si è impegnato a investire per creare un’opera infrastrutturale di collegamento tra la diga di Occhito, in provincia di Foggia, e quella del Liscione, in provincia di Campobasso.
C’è poi il problema della concorrenza internazionale, dei dazi e del divario di costo. La crescente competizione di Paesi europei ed extra-UE che producono a costi molto inferiori e che si trovano a gestire surplus produttivi destinati all’export (come nel recente caso della Cina), si accompagna alla questione dazi negli Usa. Una combinazione mette a rischio le quote di mercato dei trasformatori italiani.
La campagna di trasformazione del pomodoro 2025 in Italia si è chiusa con una produzione di circa 5,8 milioni di tonnellate, in leggero aumento rispetto al 2024, ma comunque inferiore (-10% circa) al programmato. l’Italia ritorna a essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale dopo gli Stati Uniti e prima della Cina che, dopo l’exploit degli scorsi anni, ha ridotto drasticamente le produzioni alla luce delle difficoltà legate principalmente al mantenimento delle quote di mercato estero. Il nostro Paese rappresenta il 14,4% della produzione mondiale e il 53,8% del trasformato europeo.
L’Italia si conferma saldamente il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale. Nel 2024 i mercati esteri hanno fatto registrare segnali positivi sia in volume (+ 6,5%) sia in valore (+3,8%). Nel primo semestre del 2025, di contro, si rileva, rispetto al primo semestre 2024, una riduzione dell’export in volume (-3,6%) e in valore (-10,7%), legata quasi certamente all’incertezza causata dalla vicenda dazi Usa (fino al 2024 il comparto subiva una tassazione per l’esportazione in Usa tra il 6 e il 12% a seconda dei formati e delle referenze, ora si è passati al 15% per tutti i prodotti). L’Europa, con la Germania in testa, si conferma, ancora una volta, il principale mercato di sbocco dei nostri derivati. Quote significative sono rappresentate dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dal Giappone e dall’Australia.
Analizzando i dati di consumo interni, nel canale retail, nel primo semestre 2025 si registra una sostanziale stagnazione dei consumi rispetto allo scorso anno, con una lieve contrazione delle quote di mercato sia in termini di volume (-0,4%) sia di valore (-0,5%). La flessione maggiore ha riguardato la polpa e il pelato intero. La passata continua a essere il prodotto più venduto, rappresentando il 63,4% del mercato dei derivati. A seguire troviamo la polpa (20,4%), i pomodori pelati (10,9%), i pomodorini (3,8%) e il concentrato (1,7%). Stabile il canale del fuori casa, che rappresenta la maggior parte (il 67%) del volume totale di derivati del pomodoro consumati in Italia (circa 2,1 milioni di tonnellate).