Europa: un ottimismo senza budget
Europa: un ottimismo senza budget
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Consumatori europei più sereni, ma la spesa rimane al palo: piuttosto desolante questa prima evidenza di una capillare analisi rilasciata da Boston Consulting il 22 ottobre.
Il titolo esprime, evidentemente, lo stesso, forte, concetto: "European consumers are optimistic but still not spending".
Lo spauracchio dell’inflazione
Quello che preoccupa, nonostante la flessione, è pur sempre la dinamica inflattiva, che resta piuttosto tesa per quanto riguarda il cosiddetto carrello e che potrebbe comunque risvegliarsi data la fragilità del sistema economico, e di quello politico, contrassegnato da guerre e altre numerose tensioni internazionali. Pesa anche, ma neppure tanto, come vedremo poi, la crisi ambientale, specie perché qui gli eventuali rimedi comportano ulteriori costi e un impegno ben più che occasionale.
Nella prima metà del 2024, il 73% dei consumatori in Europa - a luglio 2024 sono stati intervistati 7 mila soggetti in Danimarca, Francia, Germania, Svezia e Regno Unito, tutte economie robuste - ha infatti segnalato un rincaro di beni e servizi, sia per quanto riguarda quelli di prima necessità, come gli alimentari, sia per i beni non essenziali, come vestiti e giocattoli.
Nello stesso periodo, gli stipendi e i risparmi sono rimasti gli stessi o sono, addirittura, diminuiti: il 25% ha dichiarato che il proprio reddito è oggi minore e il 28% ha affermato, per conseguenza, di non essere riuscito a risparmiare.
Venendo a casa nostra, non è un caso che Confindustria, nei giorni scorsi, abbia rivisto al ribasso le previsioni sul Pil per i prossimi due anni. Secondo il Centro Studi associativo, il sistema Italia crescerà dello 0,8% nel 2024 e dello 0,9% nel 2025, contrariamente a quanto affermato dal ‘Documento di programmazione di bilancio del Governo’, il quale pronostica, nel biennio, un +1% seguito da un +1,2%.
Da noi anche la fiducia, misurata mensilmente dall’Istat, è in altalena. Dopo avere registrato una piccola ripresa in settembre gli indici del sentiment di consumatori e imprese sono in diminuzione (rispettivamente da 98,3 a 97,4 e da 95,6 a 93,4).
Acquisti: chi scende e chi sale
In ogni caso, di fronte all'aumento dei prezzi, il 39% degli europei – italiani esclusi, come detto - ha scelto di spendere di più per i beni essenziali, riducendo le spese discrezionali, o passando a marchi più economici.
Le categorie che hanno subito i maggiori cali, nelle 5 economie considerate - sono state l’abbigliamento (-20%), gli snack e gli alcolici (-15% ciascuno).
Tuttavia, la spesa per la moda di lusso ha mostrato una maggiore resistenza: mentre un gruppo più sensibile al prezzo ha ridotto le spese per il fashion qualificato del 35%, un altro gruppo ha aumentato gli acquisti del 22%, privilegiando beni di qualità superiore e marchi premium.
«Lo studio conferma alcuni elementi chiave, di cui tutte le realtà B2C dovrebbero tenere conto. I prezzi sono saliti più dei salari. La maggior parte delle famiglie ha reagito facendo tagli soprattutto su beni e servizi ritenuti non essenziali – sottolinea e ribadisce Antonio Faraldi, managing director e partner di Bcg -. Soprattutto nei comparti senza “vento in poppa”, alle aziende non basterà un’offerta di qualità o conveniente per avere buoni risultati. Bisognerebbe fare di necessità virtù, approfittando della situazione per raffinare il proprio approccio competitivo. Aumentare la capacità dell’azienda di adeguare gli assortimenti a bisogni specifici delle diverse aree target, sfruttare a fondo il “muscolo” del pricing, o costruirne in fretta uno, se inadeguato, esplorare sul serio le frontiere della personalizzazione, senza procrastinare oltre».
La fiducia nel futuro è però in leggera crescita, almeno nel periodo di chiusura del sondaggio: “solo” il 59% degli intervistati prevede che i prezzi continueranno ad aumentare entro la fine del 2024, un calo significativo rispetto a quel 73% che ha osservato, sebbene soggettivamente, prezzi più alti nei primi sei mesi dell'anno.
Positivo che il 22% preveda di spendere di più per beni essenziali nei prossimi mesi e che il 26% metta in conto un aumento degli acquisti per oggetti non essenziali. Forse su questo gioca anche l’effetto delle festività, che, per quanto lontane al momento della rilevazione, potrebbero essere state considerate da una clientela sempre più previdente.
Sostenibilità relativa
Tra le preferenze e i fattori che condizionano l’acquisto non vince, ma comunque emerge, con il 40%, la sostenibilità, considerata, regolarmente o occasionalmente, in sede di spesa, ma solo il 19% è disposto a pagare di più per prodotti amici dell’uomo e dell’ambiente. Il fatto vero, che nessuno ha molta voglia di dire, è che il consumatore, a torto o a ragione, non si sente affatto colpevole, anche in piccola parte, del disastro ambientale, ma addossa alle aziende tutte le responsabilità.
E quindi ad avere priorità sono, qui e ora, convenienza, praticità e offerte, cioè tutti gli elementi che aiutano a risparmiare.
Guardando ai canali d’acquisto, nonostante la crescente presenza dell’e-commerce, gli europei preferiscono ancora i negozi fisici, per generi alimentari, bevande e prodotti per la casa.
Lo shopping online, infine, è considerato più conveniente per grandi quantità o per beni comprati meno frequentemente, come elettrodomestici e articoli di lusso.
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