I consumi di vino ringiovaniscono

I consumi di vino ringiovaniscono
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Buone notizie per il vino nella settimana che precede Vinitaly (Verona 6-9 aprile). In primo piano c’è il cosiddetto ‘Pacchetto vino’ presentato alla Commissione europea e che si propone sia di facilitare la diffusione dei prodotti a basso, o nullo contenuto alcolico, sia di rinviare le politiche di contenimento produttivo. Ma c’è anche un’analisi condotta da Unione italiana vini.
La ricerca, in breve, dimostra come i consumi stiano diventando più giovani, un concetto che sfata molte convinzioni abituali.
Uno status symbol nel bicchiere
Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, basato sui dati Iwsr (società internazionale specializzata nell’analisi di mercato delle bevande), le persone sotto i 44 anni, sia nel nostro Paese, sia negli Usa, costituiscono la vera promessa. Parliamo di due grandi gruppi, ovvero i Millennials (tra i 28 e 44 anni) e la Generazione Z (dalla maggiore età ai 27 anni). Entrambe le fasce demografiche si dicono disposte a spendere di più, puntando su vini di qualità.
Rimane importante il connubio vino e cibo, che tuttavia perde un po’ di centralità sia per fra gli americani, sia fra gli italiani.
Di contro, nella nostra Penisola, la quota dei giovanissimi che identificano il vino come uno status symbol è esattamente il doppio (56%), se confrontata con il livello raggiunto dai Boomer (61-79 anni), i quali si attestano al 28 per cento.
Anche i Millennial staccano la Generazione X (45-60 anni) di 16 punti percentuali: 45% contro 29 per cento.
È una tendenza per la quale Iwsr ha coniato una nuova categoria, quella degli “Status seekers” che, pur rappresentando solo l’11% dei consumatori abituali di vino, negli Stati Uniti realizzano il 24% del volume e il 35% del valore dei consumi abituali.
E ancora: secondo i dati dell’Osservatorio, circa il 31% del valore complessivo degli acquisti di vino in America è legato a prodotti di fascia ultra-premium, prodotti che, in 6 casi su 10, vengono comprati da persone con meno di 44 anni.
Diversa la situazione in Italia, dove i vini di alta gamma valgono solo il 10%, una quota realizzata però, per il 50%, dalle fasce di popolazione meno avanzate.
I giovani americani e i giovani italiani si dichiarano, però, meno fedeli a specifiche marche: gli infedeli sono circa uno su due fra gli under44, mentre scendono a un terzo oltre questa soglia d’età.
La socialità continua a rappresentare un elemento fondamentale nell’esperienza vinicola, in particolare per i giovani americani che, in 7 casi su 10, hanno aumentato il consumo proprio per aumentare le occasioni di contatto con gli altri.
Millennials e GenZ, pur dimostrando un’inconfutabile (e intergenerazionale) passione per i cocktail, guardano al vino con un interesse che, appunto, sfata i luoghi comuni.
Lontani dai luoghi comuni
In primo luogo, non è vero che “il vino non fa presa sui giovani”. In Italia il profilo dei consumatori per età rispecchia fedelmente la distribuzione anagrafica della popolazione, con gli under44 a quota 35%, mentre negli Usa i Millennials e la GenZ - che rappresentano solo un terzo della popolazione -, raggiungono il 47% dei consumatori di vino, denotando un tasso di penetrazione della bevanda più alto rispetto alle fasce mature.
Anche rispetto alla frequenza e alle quantità, viene smentita la convinzione che reputa i giovani più inclini a un uso saltuario.
In entrambi i Paesi la tendenza (alta, intorno all’80%) a ridurre il consumo a 2-3 volte al mese appare distribuita in modo uniforme tra le diverse fasce d’età. Sul fronte dei volumi la porzione di italiani che beve abitualmente due o più bicchieri di vino è più elevata tra i giovani che fra gli ultra-quarantaquattrenni.
Si dimostra, per conseguenza, molto discutibile la convinzione secondo la quale “la domanda scende per colpa dei giovani”.
In America - rileva l’Osservatorio - sono proprio le persone mature a tirare il freno, mentre fra gli under44 abbondano coloro che hanno aumentato i consumi (31%) rispetto a chi li ha diminuiti (26%). Specularmente solo il 9% degli individui di una certa età ha incrementato le dosi, mentre il 29% le ha ridotte.
In Italia il calo sembra più trasversale e coinvolge oltre un quarto della popolazione (27%) in entrambi i gruppi demografici. Anche qui, però, a rallentare la caduta sono proprio gli under44 (il 14% quelli che hanno aumentato il consumo, contro il 7% della fascia over44).
Infine, in entrambi i Paesi, quasi la metà degli astemi appartiene alla generazione Boomer, seguita dalla GenX (23% negli Usa e 30% in Italia). GenZ e Millennial rappresentano complessivamente solo 3 astemi su 10 negli Stati Uniti e 2 su 10 in Italia.
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